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Cronaca

Criminalità organizzata: in Piemonte comanda la ‘ndrangheta – Il rapporto della Commissione Antimafia

Redazione Quotidiano Piemontese

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thumb (1)“Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito” diceva qualcuno. Nel caso della mafia (anzi, delle mafie) purtroppo non c’è nessuno che ce la indica, ma la verità è che tutti la cerchiamo nelle grandi metropoli, mentre invece si nasconde nei meandri delle piccole amministrazioni locali. È quanto emerge dal rapporto trimestrale che la Commissione Antimafia guidata da Rosy Bindi oggi a Torino ha richiesto all’Osservatorio Criminalità organizzata dell’Università di Milano. Non solo Milano e Torino, ma anche e soprattutto Buccinasco, Rivarolo, Leinì, San Vittore Olona. “La diffusione del fenomeno mafioso avviene in realtà soprattutto attraverso il fittissimo reticolo dei comuni di dimensioni minori – scrive il coordinatore Nano Dalla Chiesa –, che vanno considerati

nel loro insieme come il vero patrimonio attuale dei gruppi e degli interessi mafiosi”. La scelta dei piccoli comuni e quindi delle piccole economie locali è una scelta strategica che paga “per l’inesistenza o per la debole presenza di presidi delle forze dell’ordine; per il cono d’ombra protettivo steso sulle attività criminali per un interesse oggettivamente ridotto assegnato alle vicende dei comuni minori dalla grande stampa e dalla politica nazionale. E infine perché nei piccoli centri bastano poche preferenze per l’accesso alle amministrazioni locali”.
Il Piemonte è una tra le regioni del Nord “più penetrate, benché in forme e a livelli assai diseguali, dal fenomeno mafioso”, un fenomeno che le recenti inchieste “Minotauro” e “Alba Chiara” hanno contribuito a porre sotto la luce dei riflettori, evidenziando come esista “un radicamento molto forte soprattutto nella città di Torino e nella sua provincia ma anche nel basso Piemonte”. Nella nostra regione la ‘ndrangheta ha un ruolo di primo piano e sono 15 le cosiddette “locali”, vale a dire le strutture della malavita che riuniscono più ‘ndrine sul territorio. Il rapporto che la Commissione Antimafia discuterà oggi e domani a Torino parla di 135 beni confiscati nel capoluogo, 51 nel resto del Piemonte, numeri che ne fanno la seconda regione per numero di confische dietro la Lombardia.
La ‘ndrangheta non è stata neppure lontanamente sconfitta, ma si conoscono nomi e cognomi delle principali famiglie che operano nell’area: Pesce-Bellocco (Rosarno), Mazzaferro, Morabito, Bruzzaniti, Palamara (Africo), Barbaro, la maggioranza delle quali proviene da due delle roccaforti della malavita calabrese, Locri e Platì. Un biglietto da visita facile da riconoscere, ma molto spesso complicato da rifiutare.

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