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Cronaca

Covid. Medico legale: virus sopravvive nel corpo oltre 10 giorni dopo morte

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‘Abbiamo testato sui cadaveri la sussistenza nel tempo della positivita’ al tampone per il Covid e abbiamo visto che, anche oltre i dieci giorni, ci da’ risultato positivo. Quindi c’e’ presenza di RNA virale nel corpo umano ormai cadavere’. Lo ha scoperto il professor Vittorio Fineschi, ordinario di Medicina legale all’Universita’ Sapienza di Roma e direttore dell’obitorio comunale della Capitale, che insieme ad un team di esperti ha effettuato uno studio, che sara’ presto pubblicato sulla rivista ‘Diagnostics’, sui cadaveri di persone morte a causa del Covid. Dunque anche un cadavere è in grado di infettare?

‘Ad oggi non abbiamo nessuna comunicazione di contagio cadavere-operatore sanitario- risponde Fineschi, intervistato dall’agenzia Dire- Noi pero’, come altri istituti, dall’inizio della pandemia ci siamo premurati di fare tamponi anche sui cadaveri e abbiamo scoperto alcuni dati interessanti: innanzitutto abbiamo visto molte positivita’ nei tamponi naso-faringei, ma allo stesso tempo abbiamo riscontrato una bassa carica di infettivita’. Forse questo rende ragione del fatto che non vi sono contagi diretti tra operatori e cadaveri’.

– Insieme ad alcuni suoi colleghi ha realizzato delle raccomandazioni per le procedure medico legali nei pazienti Covid. Com’e’ cambiato il suo lavoro con l’avvento di questo virus?
‘Il lavoro e’ cambiato molto, soprattutto per quanto attiene la parte autoptica e la gestione cadaverica, e la pandemia ha comportato grandi difficolta’ organizzative anche nel nostro settore. L’idea di fare delle raccomandazioni e’ venuta in mente a un gruppo di colleghi, quindi insieme alla Societa’ Italiana di Anatomia Patologica abbiamo formulato queste linee guida, che consentono a tutti gli operatori, sia anatomo-patologi sia medici legali, che si devono cimentare in un’autopsia in un soggetto con sospetto o con malattia conclamata di Covid, di poter adottare tutte le precauzioni e di non trascurare tecnicamente nulla. Queste raccomandazioni sono state pubblicate sulla rivista ‘Patologica’ e hanno avuto un gran successo anche internazionale: in meno di un anno sono state gia’ citate oltre 30 volte’.

– Quali sono le principali fasi nella procedura di un’autopsia sui corpi delle persone con sospetta o confermata diagnosi di Covid?
‘Bisogna fare una premessa: dall’inizio della pandemia ad oggi il ministero della Salute ha formulato numerose raccomandazioni e circolari. Siamo passati dalle prime che vietavano assolutamente o cercavano di limitare nella maniera piu’ assoluta il confronto autoptico e le autopsie, a piu’ miti raccomandazioni in cui si intravedeva la possibilita’ di far ricavare dall’autopsia un proposito terapeutico, cosi’ come e’ sempre stato nella storia. Dall’autopsia e dai reperti autoptici, infatti, il clinico puo’ imparare molto e anche in questo caso e’ stato cosi’. Abbiamo quindi iniziato a fare autopsie e abbiamo realizzato uno studio multicentrico medico-legale insieme alle Universita’ di Ferrara, Trieste, Udine e agli ospedali di Lucca e Pisa, riuscendo a creare un nucleo che ci ha consentito di avere oltre 60 autopsie in studio medico legale di soggetti deceduti per infezione da Covid. Dallo scorso 11 gennaio abbiamo nuove raccomandazioni ministeriali che ci dicono cosa usare, come vestirsi, come disinfettare e come poi trattare il cadavere una volta terminate le operazioni tecniche’.

– Successivamente alla visita necroscopica la salma deve essere deposta nel feretro con gli indumenti e avvolta in un lenzuolo imbevuto di soluzione disinfettante. A questo proposito esiste una circolare esplicativa emanata dal ministero della Salute: cosa precisa?
‘L’incassamento del feretro deve avvenire con i provvedimenti che sono stati formulati nel tempo: occorre quindi incassare avendo delle mascherine protettive come minimo di tipo Ffp2 o equivalenti, occhiali protettivi oppure mascherine con visiera, camici monouso idrorepellenti, guanti spessi e scarpe da lavoro chiuse. Anche chi deve gestire la fase post tecnica, cioe’ gli incassamento del feretro, deve seguire questa procedura rigorosa ma molto sicura per l’operatore stesso. Dopo l’incassamento vi e’ un’ulteriore possibilita’ che tutto il feretro sia sottoposto a disinfezione esterna (superiormente, lateralmente e inferiormente, come dice la circolare). Insomma, siamo arrivati a un momento veramente di sicurezza assoluto per gli operatori’.

– A seguito di un’autopsia su un soggetto con Covid sospetto o confermato devono essere applicate tutta una serie di raccomandazioni per la disinfezione della sala autoptica e per lo smaltimento dei rifiuti. Quali sono?
‘Le raccomandazioni riguardano una sanificazione che deve essere fatta con particolari liquidi. Addirittura si prevede anche la possibilita’ di fare dei prelievi d’organo. Tale questione, all’inizio della pandemia, era molto controversa e addirittura si raccomandava di non aprire il cranio per evitare delle procedure a rischio. Poi questo e’ stato superato e adesso la circolare prevede invece anche i liquidi fissativi in cui devono essere messi i prelievi biologici. La sala settoria deve essere accuratamente lavata con soluzione di ipoclorito di sodio o di fenolo. Quindi al termine occorre che tutto l’ambiente sia sanificato per poter lavorare successivamente in sicurezza anche su autopsie che non sono Covid collegate’.

– Chi contrae il Covid vive la malattia in isolamento. Ma anche chi muore per Covid non puo’ ricevere l’ultimo saluto dei parenti. È possibile che non esista un modo per permetterlo?
‘Confido intanto che lo stato emergenziale con le vaccinazioni volga al termine. Per il resto, certamente al momento queste cautele possono sembrare eccessive, perche’ effettivamente il non poter piangere un proprio caro e’ un fatto forse ancor piu’ straziante oltre la morte. Finche’ pero’ non si saranno stratificate le oggettivita’ scientifiche, penso sia opportuno fare questo grande sacrifico e mantenere questo tipo di cautele, che per ora hanno evitato anche contagi trasmessi da cadaveri ad operatori sanitari’.

– C’e’ qualcosa che l’ha stupita quando ha effettuato la prima autopsia su un paziente deceduto per Covid?
‘Come medici legali siamo abituati a lavorare in tutte le condizioni e anche in sale settorie disagiate, perche’ la nostra attivita’ non consente di scegliere ma e’ l’autorita’ giudiziaria che sceglie il luogo dove fare l’autopsia. Siamo abituati, da sempre, a lavorare nei cimiteri anche sperduti di campagna. La cosa che mi ha piu’ stupito e’ stata in ogni caso il tasso di mortalita’ iniziale veramente altissimo, che era inspiegato finche’ non abbiamo cominciato a capire quali erano i danni di organo. In questo modo i clinici, anche sui reperti cadaverici, hanno potuto modificare le terapie’.

– A questo proposito, all’inizio della pandemia fu proprio grazie alle autopsie che arrivo’ la conferma sul fatto che gli organi piu’ colpiti dal virus fossero i polmoni, cosi’ come si capi’ la necessita’ di fornire ai pazienti Covid anti coagulante. Quanto e’ importante studiare la morte per aiutarci a vivere?
‘Da Morgagni in poi, quindi ormai da secoli, in sala settoria si impara e i clinici devono fare tesoro di cio’ che noi vediamo. Noi siamo abituati a ragionare ‘al contrario’, cioe’ partiamo dal fatto peggiore che si e’ concretizzato, quindi dalla morte, e spieghiamo innanzitutto perche’ il soggetto e’ deceduto. Si tratta di un patrimonio di esperienza che poi deve essere interpretato e da quello bisogna risalire non solo alle cause, ma anche ai rimedi’.

– Qualche anno fa, intanto, le universita’ di Medicina avevano lanciato un allarme, lamentando il fatto che in Italia mancavano cadaveri per permettere agli studenti di fare esercitazioni anatomiche. È ancora cosi’?
‘L’esercitazione sui cadaveri e’ un momento fondamentale nella nostra attivita’. Effettivamente c’e’ stato negli anni passati un grande declino delle autopsie, perche’ con l’avvento delle tecnologie diagnostiche utilizzate sui pazienti (tra tac, risonanze magnetiche e pet) si e’ pensato che l’autopsia non potesse piu’ dire niente su quel corpo. Per questo c’e’ stato veramente un brusco e drammatico calo delle autopsie. Adesso per fortuna la situazione si e’ ripresa e gli studenti, per lo meno qui alla Sapienza, hanno la possibilita’ di vedere molti riscontri diagnostici. Giusto qualche giorno fa abbiamo fatto il punto sui riscontri diagnostici sui dati obitoriali e devo dire che possiamo offrire oltre 600 autopsie allo studio anche degli studenti’.

Fonte «Agenzia DIRE»   

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