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Ambiente

A riveder le stelle, nelle sale il doc di Caruso a basso impatto ambientale girato in Val Grande

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Realizzato dalla Società di Produzione di Alba (CN) Obiettivo Cinema, con il sostegno della Film Commission Torino Piemonte – Piemonte Doc Film Fund e del Parco Nazionale della Val Grande, “A Riveder le Stelle” di Emanuele Caruso è finalmente in sala.

Realizzato nel 2019, la distribuzione del film fu bloccata dalle restrizioni imposte dalla pandemia. La difficile scelta del regista e di Obiettivo Cinema è stata quindi quella di attendere la riapertura delle sale cinematografiche per poter presentare la pellicola sul grande schermo e non in streaming o su piattaforme online.

Nella filosofia della casa di produzione, infatti, la visione in streaming diventa un punto di arrivo di un percorso che parte dalla sala cinematografica e dalla fruizione collettiva del film. Una dimensione pubblica capace di innescare confronti e di creare nuove consapevolezze sui temi proposti. Come è già avvenuto per i suoi precedenti lavori, il regista introdurrà personalmente gran parte delle proiezioni in sala, creando un rapporto diretto ed entrando così in relazione con il pubblico presente in sala. Tutta la programmazione nelle sale si trova alla pagina: www.stellefilm.it.

Girato i primi di agosto 2019, in appena una settimana, utilizzando solo due cellulari e un piccolo drone, alimentati a energia sostenibile, “A Riveder le Stelle” è un progetto sperimentale concepito come una lettera al futuro dell’umanità: un lavoro originale e a impatto zero che, attraverso un linguaggio comunicativo fuori dai canoni, punta i riflettori sull’ambiente e sulle conseguenze del cambiamento climatico.

“In questi due lunghi e complessi anni, molti ci hanno chiesto di vedere il film on line – racconta il regista – ma la produzione ha preferito aspettare perché il nostro documentario doveva essere, e speriamo sarà, un’occasione di incontro e di confronto. Arriviamo da due anni intensi e difficili anni in cui il mondo è cambiato completamente, sono cambiate anche le nostre abitudini. Il Covid 19 era un’emergenza per la quale nessuno di noi era pronto. Ecco, il film nasce su un’altra emergenza che sarà ancora più profonda di quella del Virus, che è quella del cambiamento climatico. In questi decenni abbiamo sfruttato troppo questo pianeta, abbiamo consumato troppo le sue risorse, abbiamo inquinato oltre ogni limite. Il nostro stile di vita, in qualche modo, farà sì che questo pianeta nei prossimi anni verrà a chiederci il conto, che lo vogliamo oppure no. Ed è proprio su questa esigenza e riflessione che nasce il mio film, un viaggio a piedi di 7 giorni, con dei protagonisti di eccezione, per cercare di cambiare la nostra visione e il nostro modo di ragionare”.

Dopo lo straordinario e inaspettato successo de La Terra Buona, oltre 55.000 biglietti venduti (Fonte Cinetel) con un incasso al botteghino superiore ai 310.000 Euro, il regista piemontese torna al cinema con un progetto del tutto originale: un viaggio sospeso nel tempo tra i percorsi montani della Val Grande (VCO). Protagonisti della pellicola l’attore e alpinista Giuseppe Cederna, l’attrice Maya Sansa e il Dottor Franco Berrino che ha partecipato attivamente alla “spedizione”, apportando un contributo che resta unico per il film.
Il documentario racconta un cammino lungo 7 giorni, in cui vengono percorsi 36 km con un dislivello di 5.000 metri, alla riscoperta della natura e dell’umanità.
È dunque su queste tematiche che si interroga il regista, seguendo passo dopo passo, un gruppo di 6 ‘viandanti d’eccezione’. Compagni di cammino che non si conoscevano e che, arrivando da mondi totalmente diversi, hanno voluto condividere una esperienza unica, affrontando insieme un viaggio che, giorno dopo giorno, diventa anche un percorso interno.

La sfida, coraggiosamente lanciata dal giovane regista di Alba e subito accolta con entusiasmo dai partecipanti, è stata quella di immaginare un mondo dove l’uomo non è riuscito a salvare il proprio Pianeta e provare a rispondere, ognuno a suo modo, alla domanda che il nostro futuro ci impone: “Come abbiamo potuto permetterlo?”.
Ad accompagnarli in questa loro esperienza di scoperta personale e collettiva, gli incredibili panorami del Parco Nazionale della Val Grande: una delle aree Wilderness più estese in Europa, al confine fra il Piemonte e la Svizzera. Luoghi selvaggi, incontaminati, in cui la società non ha messo le radici e dove le stelle, la sera, sono l’unica luce che
l’occhio umano percepisce.

“Da oltre un anno ci preparavamo per affrontare questa nuova esperienza produttiva, altamente sperimentale: ci siamo allenati, andando a correre e mettendoci a dieta. Io in particolare sono riuscito a perdere circa dodici chili: non avrei mai potuto affrontare questo tipo di viaggio prima – racconta il regista – Girare questo progetto in Val Grande è stata l’esperienza più difficile e faticosa che io abbia mai vissuto, anche da un punto di vista fisico. Siamo partiti in otto da Alpe Lut, sopra il Comune di Premosello (VCO), e, per alcuni tratti di cammino si sono unite a noi altre persone. Girare un documentario, in appena sette giorni, portando sempre addosso uno zaino con dentro cibo, vestiti e attrezzatura non è semplice, soprattutto quando la troupe è formata da sole due persone. Infatti, per ragioni di ospitalità nei quattro rifugi nei quali abbiamo sostato, il gruppo non poteva superare le otto persone. E per stare dietro a tutto, noi due della troupe dormivamo al massimo tre ore per notte. Inoltre, per cinque giorni su sette il meteo non è stato favorevole e questo non ci ha certo aiutati nella logistica quotidiana, anche perché abbiamo girato tutto con due cellulari di ultima generazione, che abbiamo scelto di ricaricare esclusivamente con energia
fotovoltaica”.

Nel pensare a una produzione di questo genere la prima domanda che la troupe si è fatta è stata quella di come realizzare le riprese in modo non invasivo e discreto per essere in grado di seguire – per 7 giorni – i protagonisti in un territorio remoto e impervio come la Val Grande. Vista anche l’impossibilità di disporre sempre di energia elettrica per ricaricare le batterie o scaricare i file prodotti, è stato quindi deciso di realizzare il documentario in 4k con 2 iPhone di ultima generazione, uno stabilizzatore Gimbal e un Drone Mavic Pro 2: tutta l’attrezzatura era contenuta
in una piccola borsa del peso di 1,2 chili. La Troupe disponeva anche di due piccoli microfoni portatili e di una serie di ottiche fisse per cellulare. Attraverso l’ausilio di power bank professionali, di peso inferiore ai 500 grammi, durante il viaggio è stato possibile ricaricare senza problemi tutti i dispositivi.

Il lavoro di distribuzione di “A Riveder le Stelle” è comunque proseguito all’estero grazie a un accordo con il Sale Agent TVCO che ha inserito nel suo listino il film, garantendone la distribuzione Internazionale e la presenza nei più importanti Festival del mondo.

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