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Caparezza si esibisce in un grande show al Flowers Festival di Collegno- Foto

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Un po’ come Exuvia, il termine scientifico che indica il tegumento che nei rettili, crostacei e insetti si rinnova periodicamente, Michele Salvemini da Molfetta, da sempre Caparezza, offre al suo pubblico la sua ultima trasformazione. Un lungo viaggio che parte dai suoi inizi e finisce oggi, sempre diretto verso qualcosa di nuovo e sicuramente ignoto. Ama sperimentare, non ama fare piani, questo lo abbiamo capito, ed è la sua forza.
L’hype creato per questo evento dalle voci che lo vogliono fermo, almeno per un po’, a causa delle sue note problematiche di salute, l’acufene che lo tormenta, ha portato il suo pubblico ad avvolgerlo, nel vero senso della parola.

Mai visto il grande cortile delle Lavanderie a Vapore del Parco della Certosa di Collegno, così pieno, in ogni sua parte, di gente. Giovani, adulti, ragazze e tanti bambini. Perché sì, se Capa parla ai giovani attraverso le sue mirabolanti allegorie, attira da sempre l’attenzione dei più piccoli, con le sue maschere ed i suoi imprevedibili travestimenti.
Un lavoro iniziato il giorno prima al Flowers Festival, con decine di persone che freneticamente hanno iniziato ad allestire lo spettacolo più complesso del festival. Tra luci, attrezzature e presenze sul palco, la logistica deve aver lavorato a pieno, ma il risultato si è visto.

Ogni brano è un mini-show, anzi uno show dello show, con il suo percorso ed il suo significato. Capa il direttore d’orchestra di un gruppo, ormai collaudato, di musicisti e artisti eclettici, ballerini e performer.
Però attenzione, c’è sempre la band a spingere sotto, con il suo misto di rap, metal, funk e tutto quello che lui ha da sempre saputo sapientemente miscelare, come un vero alchimista della musica.
24 pezzi, 24 regie, 24 costruzioni musicali, 24x costumi diversi, 24 piccoli spettacoli nello spettacolo, ognuno con il suo percorso, spesso preceduto da una presentazione in tema con il pezzo. Come si fa a raccontarli tutti? Capa e la sua ciurma vanno visti e vissuti, almeno una volta dal vivo.

Viaggia nella sua discografia partendo dalla sua ultima trasformazione Exuvia, “Come Pripyat”, “Canthology”, “Fugadà”, “El sendero” e “La scelta”, non dimentica Prisoner 709,”Una chiave”, “Ti fa stare bene”, uno dei suoi ultimi grandi capolavori per testo e musica e “Larsen”, in cui racconta i disagi e le sofferenze dell’acufene.
Ma sono i suoi pezzi storici a far ballare tutti i 7.000 che sono venuti a trovarlo, “Chinatown”, “Mica Van Gogh” da Museica e la bellissima “Goodbye malinconia” da Il sogno eretico. Si va sempre più indietro e si balla a perdifiato, la polvere ed il calore salgono verso l’alto con “Vengo dalla luna” da Verità supposte e soprattutto su “Abiura di mè” e “Vieni a ballare in Puglia”, da quell’incredibile disco che è Le dimensioni del mio caos.
la chiusura è con il pezzo che lo ha lanciato “Fuori dal tunnel”, che, parole sue, non eseguiva più da tempo.

Unico in Italia e forse al mondo, anzi, su questo pianeta (anche se lui viene dalla luna, ndr), Capa non si guarda indietro e tira dritto e ricollegandosi alla sua evasione con la quale finiva “Prisoner 709”, disco e progetto di “fuga” dallo stato di reclusione mentale che viveva in quel periodo. Era l’inizio di un nuovo percorso, svincolato dai vecchi lacci che potevano limitarne l’evoluzione, il cambio di pelle (ecco Exuvia che ritorna). Ora è di fronte ad un nuovo bivio, una pausa o un momentaneo ritiro? Non è chiaro, ma ci ha esplicitamente chiesto di volergli bene comunque, qualunque sia la sua scelta.
Ci ha regalato una serata memorabile, ne vorremmo altre mille così, subito, ma noi siamo disposti ad aspettare le sue scelte, quello che deciderà di fare. Sarà comunque qualcosa di imprevedibile e saremo di nuovo tutti pronti a riaccoglierlo.

 

 

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