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Dottoressa di Torino racconta le emozioni delle vaccinazioni a domicilio durante il Covid

L’intervista rilasciata al Corriere della Sera: le persone a casa «nude, senza difese, reali»

Elena Prato

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TORINOIn un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Elsa Rubiolo, 65 anni, medico chirurgo dell’Asl Città di Torino, specializzata in formazione e medicina generale, ha raccontato l’esperienza «inaspettata, giunta a fine carriera» che, durante il periodo Covid, l’ha portata ad entrare in contatto con migliaia di pazienti per le iniezioni di vaccino a domicilio. Offrendosi volontaria per tale compito, la Dottoressa Rubiolo ha potuto conoscere e osservare le persone «come se fossero nude, senza difese, reali», nella loro più profonda intimità: un’esperienza che ha cambiato la sua percezione della salute e della malattia e il suo lavoro.

La Dottoressa ricorda quel periodo come una «situazione di grave emergenza»: a causa della mancanza di personale sanitario, infatti, molti medici già in pensione erano rientrati in servizio visti i numeri esponenziali di cittadini (circa 30mila) che necessitavano assistenza a casa, in qualunque angolo della città, dal centro alla periferia. E la differenza tra ambienti sociali è stata chiara agli occhi di Rubiolo fin da subito: gli «ambienti caldi» delle «famiglie più povere, o umili se vogliamo», che nei suoi confronti mostravano sempre una profonda gratitudine e disponibilità, in contrasto invece con i «palazzi aristocratici – dove – […] Non c’era gratitudine, ma una cortesia spietata»; e questa è stata la prima lezione che la Dottoressa ha imparato. Fortunatamente, però, anche in ambienti alti ha talvolta trovato persone a modo, come Claudio Marchisio, che ricorda come «un uomo estremamente gentile ed educato», o Luciana Litizzetto, in casa con la madre, che anche se inizialmente non voleva farsi riconoscere, alla fine ha parlato volentieri con la Dottoressa «dell’ultima puntata di “Che tempo che fa”».

Tuttavia, ciò che più ha colpito e turbato Elsa Rubiolo, è stata la solitudine in cui viveva molta gente, soprattutto «anziani senza partner, senza figli», come un 80enne che non si staccava mai dal suo pianoforte e continuava a suonare le canzoni della sua amata. Molti di loro «si mettevano a piangere» quando chiacchieravano con la Dottoressa durante le iniezioni; «le conversazioni erano autentiche» e le hanno permesso di conoscere nuove persone: con alcune di queste, ha persino mantenuto i contatti, come con Anna, «una vecchietta di 84 anni. Un’ex sarta di Borbonese» che confidò ad Elsa la propria insonnia e di dedicarsi ancora con passione al suo vecchio lavoro durante la notte, quando non riusciva a dormire e cercava in una macchina da cucire e in qualche pezzo di stoffa «un rifugio, un’oasi di pace». Tante emozioni sono nate anche dall’incontro con un suo professore dei tempi dell’università, ormai 90enne, all’epoca titolare del corso di radiologia alle Molinette; con stupore, Rubiolo ha raccontato che il professore l’ha subito riconosciuta e che «si ricordava persino le domande d’esame».

Non sono mancate poi le situazioni difficili: la Dottoressa ha raccontato della volta in cui un uomo non voleva lasciarle vaccinare il figlio e, quando questo è svenuto dopo la puntura come normale effetto collaterale, Elsa si è subito vista accusata di aver ucciso un adolescente. O ancora, «C’era un anziano, molto vispo, che non voleva vaccinarsi», ma i figli l’avevano obbligato a farlo perché dovevano portarlo in una casa di riposo, anche se lui avrebbe solo voluto restarsene a casa sua: in questo caso, la Dottoressa ha dichiarato che «a volte si andava ben oltre il ruolo di medico. E vorresti fare di più».

È stata un’esperienza che ha segnato nel profondo una donna che, ormai arrivata alla fine della sua carriera, pensava di non potersi più stupire di niente: e invece, nelle case dei cittadini di Torino, ha potuto notare le cause e le conseguenze, «e gli ostacoli insormontabili», di ciò che quotidianamente accade negli ospedali, tra malattie e cartelle cliniche. Nel cuore della Dottoressa rimarrà per sempre «il signore che non smette di cantare, la vecchietta col frigo vuoto che vuole offrirti il pranzo, un grazie non detto, una stretta di mano».

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