Cultura
Il re dei granchi, Ricky Avataneo racconta di quando Buffalo Bill fu a Torino con Emilio Salgari
L’intervista con Ricky Avataneo
TORINO – E’ un libro curioso Il re dei granchi di Ricky Avataneo, Aurea Nox edizioni, prima di tutto perchè è un libro che nasce da due canzoni, poi perchè mette insieme Buffalo Bill e Emilio Salgàri (o Sàlgari, nel racconto il dettaglio ha una certa importanza).
Buffalo Bill è a Torino con il suo circo. E’ un mito, osannato e amato, ma è anche uno sbruffone, vagamente millantatore. Salgari a Torino ci vive e tra i tanti successi letterari scrive anche La sovrana del campo d’oro, romanzo di scarso successo dove compare anche il re dei granchi, personaggio che dà il titolo a questo romanzo. E il cerchio si chiude.
Nella tenda di Buffalo Bill entra Gioanin, e tra bambino e vecchio eroe comincia un confronto ad ampio raggio, che li porterà a parlare del vecchio West, degli indiani ma anche del futuro tragico dell’Europa. Intanto Salgari si impegna in duelli (più o meno cavallereschi) più che a scrivere e la giovane Rosina si innamora di uno dei lavoranti del circo del Colonnello Cody.
L’intervista con Ricky Avataneo
Quello che ci troviamo di fronte è un libro particolare, che nasce da due canzoni. Ci racconti questa genesi?
L’arrivo del circo di Buffalo Bill a Torino nell’aprile del 1906 è un argomento che da tempo mi affascina, anche per questioni familiari – mio nonno, da bambino, fu presente a uno degli spettacoli (purtroppo lui è mancato quando io ero piccolo e la storia l’ho conosciuta di seconda mano…). Circa otto anni fa ho scritto una canzone (principalmente io sono un cantastorie e un musicista folk) in cui mi sono immaginato l’incontro di Buffalo Bill con Gioanin (il nome di mio nonno), un bambino torinese imbucatosi all’interno del suo circo. Nello stesso periodo ho scoperto una ballata scritta dal cantastorie torinese Eugenio Veritas in occasione di quel grandioso evento del 1906. Il testo racconta della Rosina che abbandona il marito Tonin per fuggire con un lavoratore afroamericano del circo. Inizialmente la mia intenzione era quella di scrivere un testo teatrale, mettendo in scena i personaggi delle due canzoni, ma mano a mano che scrivevo, sono stato travolto da un fiume di storie e personaggi, e il romanzo è sgorgato spontaneamente, quasi con una volontà propria… Dell’ipotetico testo teatrale è rimasto il massiccio ricorso al discorso diretto, che è una delle caratteristiche del romanzo (e, a mio parere, uno dei suoi pregi…)
L’anziano Buffalo Bill chiacchiera col giovane Gioanin nella sua tenda. Cosa si raccontano il vecchio eroe e il bambino?
Buffalo Bill, nel dialogo con Gioanin, ovviamente monopolizza la scena. Esalta le sue imprese, glorifica la vitalità e la rudezza dell’America, opponendole alle mollezze dell’Europa ancora immersa nella Belle Epoque, profetizza la fine del lungo periodo di pace, preannunciando le terribili guerre che si abbatteranno di lì a poco e che segneranno il novecento… Gioanin non si limita ad ascoltare, ma interviene, e, col suo tipico understatement torinese, riporta sulla terra l’americano, interrompendo i suoi voli pindarici.
La figura di Buffalo Bill che viene fuori è però quella di un eroe un po’ guascone, che gode della gloria che lo circonda. Esemplare è proprio il racconto dello scontro con il re dei granchi, che il bambino racconta al vecchio Cody e che lui fa immediatamente suo raccontandoglielo come reale poco dopo…
Buffalo Bill è stato indubbiamente un grande promotore di se stesso, ha creato il proprio mito mescolando abilmente fatti reali e leggende, in questo aiutato da scrittori e cronisti del west, quali Ned Buntline… L’esempio che tu citi (l’immediata assunzione a “fatto reale” del suo duello con il re dei granchi, in realtà inventata di sana pianta da Emilio Salgari, è esemplificativo in tal senso).
E poi abbiamo Salgàri (o Sàlgari), impegnato più in duelli cavallereschi che nella stesura di libri. Cosa hai voluto raccontare di questo personaggio?
Salgàri (o Sàlgari) ha fatto la sua irruzione nel romanzo nel momento in cui ho scoperto che, pochi mesi prima, aveva pubblicato un romanzo western in cui Buffalo Bill aveva un ruolo di assoluto rilievo (“La sovrana del campo d’oro”, da cui ho tratto il personaggio del re dei granchi). Lo scrittore veronese, che ebbe modo di incontrare personalmente il colonnello Cody e, com’è risaputo, all’epoca viveva a Torino, nel mio libro ha assunto il ruolo di alter ego di Buffalo Bill, speculare e contrario, anch’egli megalomane, egocentrico, millantatore, visionario, ma all’opposto dell’americano, negativo, in preda ai propri fantasmi, i propri fallimenti, le proprie fissazioni… Il capitolo dedicato al suo suicidio credo sia uno dei momenti più intensi, e contrasta col tono generalmente umoristico del resto del romanzo.
Intorno a loro si muovono indiani, donne innamorate, uomini disillusi e naturalmente il re dei granchi. Qual è la summa di questi personaggi?
C’è una estrema varietà di caratteri e personaggi, e pure di linguaggi, amplificata dall’uso del discorso diretto. L’elemento unificante, io credo, sia da ricercare nell’incontro (a volte, inevitabilmente, scontro) di civiltà, ovvero il nascente mito americano che impatta con la realtà torinese (ed europea!) d’inizio novecento…
Sullo sfondo una Torino che si sta riscoprendo sotto una nuova veste. Era il luogo letterario ideale per questi incontri?
La mia storia è intimamente torinese, e non poteva avere altro palcoscenico. E’ vero, all’epoca la città stava attraversando un momento di transizione, perso il titolo di capitale del regno si stava preparando all’esposizione internazionale del 1911, ai festeggiamenti per il cinquantenario dell’Unità d’Italia, e soprattutto a divenire un fondamentale polo industriale. Anche oggi Torino è in trasformazione, ed è notevole che una città abitualmente catalogata come immobile e conservatrice (la città dei bogianen), possegga questa capacità di reinventarsi… Inoltre, penso a quante personalità creative, spesso controverse, vissero o transitarono da Torino a cavallo fra l’ottocento e il novecento, da Cesare Lombroso a Emilio Salgari, da Friedrich Nietzsche a Gustavo Rol, a Edmondo De Amicis…
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