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L’Abbazia di Novalesa sarà interamente di proprietà della Città di Torino e non più della Congregazione Benedettina Sublacense

Nei giorni scorsi è stato finalizzato il passaggio tra l’ente pubblico e la Cappella di Santa Maria Maddalena

Redazione Quotidiano Piemontese

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TORINO – Tra circa 7 mesi, a gennaio 2026, ci saranno i 1.300 anni dell’Abbazia di Novalesa, uno dei luoghi sacri più antichi della val di Susa. Negli scorsi anni, la Città metropolitana di Torino ha cercato di ottenere la proprietà su tutta la struttura, che per una parte era della Congregazione Benedettina Sublacense che però aveva avviato mesi fa le pratiche per la donazione.

Ora è stato finalizzato il passaggio tra l’ente pubblico e la Cappella di Santa Maria Maddalena. Questa cappella, già visitabile dal 15 marzo scorso all’interno del circuito Chiese a porte aperte, è un piccolo gioiello situato prima dell’ingresso all’Abbazia.

Nella seduta del Consiglio metropolitano di Torino del 17 giugno, l’atto per ricevere in donazione la Cappella è stato approvato all’unanimità.

La storia

Con ogni probabilità edificata in contemporanea al primo impianto dell’Abbazia stessa nell’VIII secolo d.C., come testimoniano alcuni reperti archeologici e tracce di precedente frequentazione del sito, ne troviamo notizia nel Chronicon Novalicense dell’XI secolo, che la descrive.

La cappella era la chiesa di pertinenza degli edifici destinati all’accoglienza delle pellegrine e delle viaggiatrici che giungevano o sostavano a Novalesa, alle quali non era concesso oltrepassare i limiti di accesso dell’Abbazia, luogo riservato ai soli uomini. All’interno, sono conservati due affreschi del XV secolo, appartenenti quindi a una fase successiva a quella descritta dal Chronicon, che rappresentano Santa Maria Maddalena, cui si deve il nome attuale della cappella stessa, e Santa Maria Egizia.

Maria Maddalena è raffigurata con viso giovane, capelli ramati e un lungo mantello di colore rossiccio con bordi in pelliccia bianca di ermellino; ha in mano un balsamario contenente l’olio profumato e prezioso con cui tradizionalmente aveva massaggiato i piedi di Gesù Cristo, dopo averli lavati con le sue lacrime e asciugati coi suoi capelli.

Maria Egizia è un esempio di monachesimo femminile: la santa, ex prostituta di origine egiziana vissuta nel IV secolo d.C., trova la fede e vaga in meditazione e penitenza nel deserto per 47 anni, durante i quali l’unico abito a coprirla sono i suoi lunghissimi capelli. E così la troviamo rappresentata nell’affresco della cappella: i lunghi capelli sono di colore biondo e arrivano fino ai piedi, le mani sono giunte in preghiera, il viso assorto in meditazione, mentre come sfondo troviamo un paesaggio di montagne grigio-verdi e un cielo verde e azzurro, come quelli di Novalesa.

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