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Scuola e formazioneTorino

Cristina Prandi si è insediata prima rettrice della storia dell’Università di Torino

Dopo 621 anni l’Università degli Stdi di Torino ha una Rettrice

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TORINO – Torino ha una rettrice donna dell’Università dopo 621 anni di storia. Mercoledì 1° ottobre, presso l’Aula Magna della Cavallerizza Reale dell’Università di Torino, si è svolta la cerimonia di insediamento della Magnifica Rettrice Cristina Prandi. La giornata è stata l’occasione per presentare ufficialmente la nuova squadra di governo per il mandato 2025-2031. Non sono mancate le proteste.

La nuova squadra di governo della Rettrice Cristina Prandi

Cristina Prandi
RETTRICE
Rapporti istituzionali
Pianificazione strategica
Comunicazione interna ed esterna
Politiche della sostenibilità, della qualità e delle questioni legali
Francesca Culasso, Pianificazione delle risorse, controllo di gestione e bilancio
Adriano Favole, Comunicazione scientifica
Gabriella Taddeo, Comunicazione interna e promozione dell’identità istituzionale
Laura Corazza, Sostenibilità
Tiziana Cannizzo, Assicurazione della qualità di Ateneo
Sergio Foà (temporanea) e Paolo Patrito, Coordinamento delle questioni legali
Referente medicina legale (da nominare)

Gianluca Cuniberti
PRORETTORE
Vicario della Rettrice, con deleghe specifiche a:
organizzazione interna e relazioni sindacali
rapporti con organi centrali, dipartimenti, rappresentanze (studentesse e studenti, dottorande e dottorandi, personale afferente non strutturato) e ORA (Osservatorio sulla consapevolezza dei Rischi d’uso nelle Attività universitarie)
Leonardo Mineo, Sistema Archivistico e Sistema Bibliotecario di Ateneo
Prorettore (ad interim), Sistema Museale di Ateneo

AREA MEDICA
Paola Cassoni, VR area medica con gestione rapporti con il Servizio Sanitario
Lorenzo Richiardi, Ricerca clinica e biomedica

RICERCA
Luisella Roberta Celi, VR ricerca
Marco Aldinucci (ad interim), Intelligenza artificiale, open science e infrastrutture dati per la ricerca
Stefania Beolè, Promozione e valutazione ricerca fondamentale e di eccellenza nelle scienze della natura e della vita
Federico Maria Petrucci, Promozione e valutazione ricerca fondamentale e di eccellenza nelle scienze umane e sociali
Giovanna Cristina Varese, Infrastrutture di ricerca

EDILIZIA
Anna Maria Ferrero, VR valorizzazione e sviluppo sostenibile del patrimonio edilizio di Ateneo
Edoardo Bona, VRV qualità luoghi lavoro e studio
Lavinia Chiara Tagliabue, Digitalizzazione, sviluppo, gestione e valorizzazione sostenibile del costruito

MONITORAGGIO PIANO STRATEGICO E DIGITALIZZAZIONE
Elisa Giacosa, VR monitoraggio PS e digitalizzazione
Marco Aldinucci (ad interim), Intelligenza artificiale, open science e infrastrutture dati per ricerca
Francesca Spyrakis, Gestione di dati e processi, assicurazione della qualità, efficacia, efficienza e trasparenza nella gestione dati
Prof. Luigi Vezzoni, Modelli predittivi

INTERNAZIONALIZZAZIONE
David Lembo, VR internazionalizzazione
Francesco Costamagna, VRV affari europei e rapporto con organizzazioni internazionali
Alessandra Fiorio Pla, Alleanza europea UNITA, Universitas Montium, politiche dedicate alla formazione superiore nello spazio europeo e cooperazione allo sviluppo

DIDATTICA
Matteo Milani, VR didattica
Davide Vannoni, VRV didattica internazionale
Pierluigi Di Ciccio, Orientamento, tutorato e placement (OTP)
Daniela Robasto, Lifelong learning

INNOVAZIONE E VALORIZZAZIONE DELLE CONOSCENZE
Marco Pironti, VR innovazione e valorizzazione delle conoscenze
Filippo Barbera, Aree interne e sistemi territoriali metromontani
Silvana Dalmazzone, Public engagement e impatto sociale

BENESSERE, INCLUSIVITA’, PARI OPPORTUNITA’ E QUALITA’ DELLA VITA ORGANIZZATIVA
Carla Tinti, VR benessere, inclusività, pari opportunità e qualità della vita organizzativa
Cecilia Marchisio, Inclusione di studenti e studentesse con disabilità e attuazione della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità
Alberto Rainoldi, Sport, valorizzazione delle buone pratiche e stili di vita
Rocco Sciarrone, Polo Universitario Penitenziario, Attività sui temi delle mafie, antimafia e educazione alla legalità

Il discorso completo di insediamento di Cristina Prandi

Care Colleghe e Cari Colleghi, Studentesse e Studenti, Dottorande e Dottorandi, Ricercatrici e Ricercatori precari Personale tecnico-amministrativo e bibliotecario,

Autorità accademiche e civili, Signore e Signori,

Inizia oggi il mio mandato come Rettrice dell’Università di Torino. Sono onorata di rivestire questa carica, e la assumo con emozione e con profondo senso di responsabilità.

Ringrazio il Professor Geuna e la Professoressa Carluccio per l’opportunità che mi hanno dato, nel loro mandato, di avvicinarmi alla dimensione del governo di un Ateneo, di farne esperienza, senza la quale non sarei qui oggi.

Nell’iniziare questo mandato, il sentimento che mi guida, accanto ad una forte emozione, è una profonda responsabilità verso questa Comunità nella sua interezza: verso chi in questo Ateneo lavora, studia, investe il proprio tempo, le proprie energie, in parte la speranza di costruire un futuro diverso e migliore, per sé, ma non solo.

Sento la responsabilità verso una storia secolare, quella della nostra Università, profondamente intrecciata con quella di questa città e del nostro Paese. Un’eredità scientifica, culturale e civile di inestimabile valore.

Di questa eredità sono e siamo chiamati ad essere all’altezza.

LA QUESTIONE FEMMINILE

Inizia oggi un tempo nuovo.

Non mi sfugge, infatti, il valore simbolico dell’essere la prima donna chiamata a guidare l’Università di Torino e quanto questo passaggio travalichi la mia persona, la dimensione individuale, e sia il frutto di un lungo percorso collettivo, spesso silenzioso e difficile, che ha aperto la strada al riconoscimento del pluralismo e delle pari opportunità.

Desidero per questo rendere omaggio a tutte le donne che, nell’accademia e nella società, ci hanno condotto fino a questo momento. A loro va la mia gratitudine più profonda.

Ma questo traguardo non può essere considerato un punto di arrivo. Deve essere un punto di partenza.

La realtà che dobbiamo affrontare, anche nel nostro Paese, ci mostra un cammino ancora lungo. Basti pensare che l’Italia è scesa all’87° posto nel Gender Gap Report, che solo la metà delle donne lavora e che una su cinque è costretta a lasciare il lavoro dopo la maternità.

Il mio mandato, quindi, parte da qui: dalla volontà di trasformare questo traguardo in un motore di cambiamento reale, fatto di politiche strutturali e scelte concrete per tutte e tutti.”

IL CONTESTO

Il nostro presente è caratterizzato da cambiamenti che corrono veloci e da un senso di incertezza che accompagna tanto le esperienze individuali quanto le dinamiche collettive, fino a incidere sulle strutture organizzative.

La nostra Università non ne è estranea: studentesse e studenti, personale tecnico-amministrativo, docenti, ricercatrici e ricercatori vivono il peso di relazioni più fragili, di ritmi accelerati, di tecnologie che talvolta rischiano di frammentare e disumanizzare le esperienze individuali e professionali.

Io vedo una sola via per affrontare le sfide che ci attendono: rafforzare, difendere e riaffermare la nostra vocazione pubblica, quella di un luogo dove persone diverse per età e ruolo si incontrano, dialogano, fanno ricerca, costruiscono saperi in modo libero e indipendente. Abbiamo bisogno del contributo di tutte e tutti. Di ogni sensibilità, di ogni disciplina, di ogni sapere.

IL METODO

Per questo, durante tutto il cammino elettorale abbiamo sottolineato la necessità di una governance fondata sul dialogo, sulla collegialità e sulla condivisione delle responsabilità.

Perché questo modello sia agito, e le nostre parole non rimangano dichiarazioni di intenti retoriche, abbiamo bisogno di strumenti che sostengano le forme della partecipazione integrandosi nei processi ordinari (dalla costruzione del Bilancio, alla revisione delle modalità di assegnazione delle risorse): percorsi e spazi di confronto strutturati da un lato e, dall’altro, un uso puntuale della tecnologia per raccogliere, integrare e rendere accessibili a tutti i dati strategici.

Non c’è alcuna possibilità di reale partecipazione, o trasparenza sostanziale, né possibilità di costruire processi decisionali adeguati senza questo primo, fondamentale, livello di condivisione delle informazioni e della conoscenza della nostra organizzazione.

Abbiamo bisogno, al contempo, di un’assunzione di responsabilità dell’abitare questi spazi, nel riconoscere e rispettare i livelli diversi di decisione e partecipazione.

Abbiamo bisogno di confronto, di una dialettica talvolta aspra, ma anche della capacità di giungere a sintesi, e condividere le scelte e le decisioni che ne derivano.

LE MISSIONI PRINCIPALI

Questo modello deve sostenere la nostra capacità di affrontare le sfide più rilevanti della contemporaneità che impattano, innanzitutto, sulle nostre missioni prioritarie.

Penso alla didattica e a un’offerta formativa che dovrà essere capace di dialogare con le trasformazioni demografiche, sociali e tecnologiche in atto senza rinunciare a porre al centro della propria azione le persone e il valore fondativo della relazione.

Ciò significherà innovare i modelli didattici, sostenere la formazione permanente (LLL) e l’interdisciplinarietà, ma anche avere cura delle dinamiche di apprendimento, dell’inclusione della qualità dell’insegnamento.

Il nostro obiettivo rimane quello di sostenere un modello di didattica che sviluppa conoscenze e competenze, supporta chi è in difficoltà e allo stesso tempo dà crescita ai talenti.

Penso alla ricerca, al suo essere pilastro fondante della nostra azione.

In un quadro di contrazione delle risorse, sono convinta che la sfida sia quella di garantire la libertà e l’autonomia della ricerca e, contemporaneamente, rafforzare una visione che, includendo innovazione e trasferimento tecnologico, promuova lo sviluppo di ecosistemi della conoscenza e dia a UniTo un ruolo strategico nello sviluppo economico, sociale e culturale del territorio.

Dobbiamo riconoscere sempre più di essere, allo stesso tempo, implicati e liberi, perché libertà scientifica e responsabilità pubblica devono coesistere e rafforzarsi reciprocamente.

Per garantire la libertà di ricerca dobbiamo, soprattutto, preservarne l’“inattualità”, la necessità costitutiva di andare oltre il valore che il tempo storico attribuisce alle diverse discipline e campi di ricerca. Lo potremmo fare solo distribuendo in modo più equilibrato le risorse tra tutte le aree scientifiche.

Penso alla Valorizzazione delle conoscenze e alla responsabilità che abbiamo rispetto ai contesti in cui siamo radicati.

Innovazione sociale ed economica, trasformazioni urbane: la nostra Università è parte viva di questi processi in ogni area della Regione in cui è insediata: da Alba, Asti, Biella, Cuneo, Ivrea, Savigliano fino ad Aosta. Dentro queste trasformazioni e relazioni, con scuole, enti locali, terzo settore e imprese, UniTo scambia, porta competenze e risorse ma anche apprende e cresce.

Per dare un esempio della rilevanza del nostro impatto basti pensare all’asse che, in neppure 8 chilometri, da Sud a Nord attraversa Torino, lungo il fiume: dalla Città della Salute al Campus Einaudi, passando per lo Scalo Vallino, il Valentino con il Politecnico la nuova Biblioteca, Palazzo Nuovo, fino alla Manifattura Tabacchi. Una vera “via dell’acqua e della scienza” che segna la città e che vogliamo custodire, rilanciare e immaginare come asse strategico del futuro.

Credo sia evidente a tutti come uno sguardo condiviso sia indispensabile per costruire sistemi territoriali capaci di garantire un reale diritto allo studio, che sarà uno degli assi portanti di questo mandato: housing, trasporti, borse di studio sono condizioni che non possiamo sostenere da soli.

Proprio per affrontare queste sfide abbiamo proposto il tavolo “Area metropolitana universitaria”: uno spazio di coordinamento e co-progettazione con gli attori del territorio. È tempo, sono convinta, di tornare ad essere protagonisti di processi di sviluppo di cui non possiamo essere solo spettatori. È tempo di assumerci la nostra parte di responsabilità sociale.

Penso all’internazionalizzazione, che seppur non rientra fra le missioni ministeriali, deve divenire vocazione strutturale di UniTo: non solo mobilità, ma apertura culturale e scientifica, partecipazione a reti europee e globali, attrazione di talenti, partenariati stabili con istituzioni di tutto il mondo.

Pensare all’internazionalizzazione oggi vuol dire anche, necessariamente, confrontarsi con le crisi che attraversano il nostro mondo.

LE GUERRE

Oggi sono in corso oltre cinquanta conflitti che devastano comunità e generazioni intere. Dall’Ucraina al Sudan, da Gaza alla Birmania, sino al Messico: luoghi dove si spezzano vite, si cancellano diritti, si calpestano le istituzioni e il diritto internazionali, si interrompe la possibilità stessa di costruire futuro. Restare indifferenti non è possibile.

Penso a Gaza, contesto di una violenza quanto mai reale, concreta, efferata e spropositata. L’Università di Torino si fa portavoce senza esitazioni della denuncia delle gravi violazioni dei diritti umani fondamentali accertate e continuamente reiterate nella Striscia, ivi compreso l’uso della fame nell’ambito di quella che ormai si configura come una guerra di sterminio dalle conseguenze dalla portata catastrofica tali da giustificare, secondo autorevoli istituzioni come l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (OHCHR), Human Rights Watch, Amnesty International e la Corte Internazionale di Giustizia, l’uso del termine genocidio. Esprimiamo anche profonda preoccupazione per l’esito della spedizione della Global Sumud Flotilla, proprio in queste ore critiche.

Ma Gaza è anche luogo simbolo, perché, quanto vi accade, più che altrove, interroga la nostra stessa storia, interroga i valori fondanti dell’università, di ogni università.

Come Comunità accademica non possiamo tacere e, contemporaneamente, non possiamo fermarci alla denuncia. Dobbiamo trasformare parole di solidarietà in azione concreta.

Penso a borse di studio e mobilità solidale per studentesse e studenti palestinesi, progetti di ricerca condivisa per la ricostruzione culturale e sociale, reti internazionali di università impegnate nella difesa dei diritti fondamentali e nel sostegno imprescindibile alla realizzazione di corridoi umanitari.

Penso alla promozione e alla tutela di spazi di approfondimento, confronto, conoscenza. Se non rimane l’università quale luogo deputato a studiare e discutere di questi temi (anche di questioni critiche che alimentano sentimenti profondamente differenti e antitetici) e formare studentesse e studenti capaci di guardare alla complessità, quali luoghi rimangono?

Fare questo, in un tempo che si radicalizza, comporta un grande rigore e un grande sforzo, perché vuol dire contemperare la necessità di non rimanere indifferenti di fronte a ciò che accade e, contemporaneamente, tutelare principi fondanti la nostra stessa essenza: il principio di non discriminazione, il diritto allo studio come diritto umano universale, la difesa della conoscenza come bene comune, la tutela dell’università come spazio libero, critico e indipendente, capace di resistere alla violenza e di preservare la dignità della persona.

Questi drammi ci ricordano, infine, quanto la conoscenza, la ricerca, non siano mai neutre e comportino una profonda responsabilità. Per questo è nostro dovere dotarsi di strumenti di valutazione dei rischi della ricerca rigorosi e aggiornati, capaci di accompagnare la produzione scientifica e la sua applicazione nella consapevolezza delle sue ricadute sociali, pronti a decisioni che, anche con una profonda analisi degli accordi di collaborazione scientifica e didattica, accompagnino la responsabilità individuale delle ricercatrici e dei ricercatori esercitata nel perimetro intangibile della libertà di ricerca.

SOSTENIBILITÀ e RUOLO FUTURO

Guardare alle trasformazioni contemporanee, custodire e rinnovare il sapere, porre attenzione alla persona e alla responsabilità sociale significa agire in una logica di sostenibilità piena — ambientale, sociale, istituzionale, organizzativa. Non come etichetta, ma come criterio operativo.

Dalla gestione del patrimonio edilizio alla mobilità, dai dati alla progettazione didattica, ogni scelta dovrà ridurre l’impatto ambientale e promuovere equità, a partire da un’organizzazione del lavoro rispetto alla quale possiamo fare molto, a partire dai temi della conciliazione, precarietà, semplificazione e flessibilità.

Va poi affrontato, con decisione, il tema della precarietà che riguarda parte del personale tecnico, chi fa ricerca, ma anche il personale dei servizi esternalizzati. Non possiamo parlare di sostenibilità sociale, personale, e neppure organizzativa se permangono tali livelli di squilibrio e incertezza.

Se sapremo coltivare questo duplice sguardo — difendere ciò che siamo e aprirci al futuro — allora, anche in un tempo in cui molti sono scettici sul valore del sapere, potremo riaffermare il valore dell’università come luogo strategico della contemporaneità.

Sono convinta che possiamo farlo.

UniTo è una realtà straordinaria, a volte poco riconosciuta nella sua dimensione. Con oltre 83.000 studentesse e studenti, 170 corsi di studio, 70 dottorati, più di 130 master e 60 scuole di specializzazione, è tra i maggiori atenei italiani ed europei. Con oltre 275.000 pubblicazioni, 500 progetti competitivi e otto Dipartimenti di eccellenza, la nostra produzione scientifica ci accredita come polo di riferimento internazionale.

Questi non sono numeri aridi: raccontano chi siamo, la forza che possiamo esprimere, l’orgoglio che possiamo dimostrare.

In un mondo accademico sempre più globale, UniTo non è periferia: è parte di un sistema che guarda all’Europa e al mondo, con la forza dei suoi numeri e, soprattutto, con la qualità delle persone che ogni giorno lo abitano.

CHIUSURA

Care Colleghe e Cari Colleghi,
Studentesse e Studenti, Dottorande e Dottorandi, Ricercatrici e Ricercatori precari
Personale tecnico-amministrativo e bibliotecario,

Autorità accademiche e civili,
Signore e Signori,

Oggi più che mai abbiamo bisogno di un’università pubblica, libera, inclusiva, autorevole.

Un’università che affronta la complessità senza semplificarla. Che costruisce sapere, ma anche giustizia. Che non si limita a descrivere il mondo, ma che prova a cambiarlo, con consapevolezza e responsabilità.

Sono convinta che la nostra Comunità abbia tutte le energie e le competenze per essere all’altezza di questa sfida. Confido nel contributo, nel rigore e nel coraggio di ciascuna e ciascuno di voi. È la convinzione che ci ha guidati sin dall’inizio di questo percorso ed è quella che ribadisco oggi: insieme sarà +UniTo.

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