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Cultura

Al Massimo 3 l’opera omnia di Ingmar Bergman

Davide Mazzocco

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Martin Scorsese a gennaio, Alfred Hitchcock a cavallo fra febbraio e marzo e ora Ingmar Bergman. In tempi di crisi il Museo Nazionale del Cinema punta su retrospettive forti, su registi di grande richiamo e il pubblico torinese risponde, come sempre, con grande entusiasmo. E Bergman è quanto di più sicuro si possa avere. Un regista straordinario capace di rendere universale un cinema da molti ritenuto ostico ed élitario come quello scandinavo. Dopo una formazione di matrice artistico-letteraria e un brillante apprendistato registico a teatro, debutta dietro la macchina da presa nel secondo dopoguerra. Ma è il triennio 1955-1957 a regalargli la fama internazionale con Sorrisi di una notte d’estate, Il settimo sigillo e Il posto delle fragole. Gli ultimi due film si aggiudicano, rispettivamente, l’Orso d’Oro a Berlino e il Gran Premio della Giuria a Cannes.  È solo l’inizio di una stagione travolgente contraddistinta dal Leone d’Oro al Festival di Venezia per Il volto (1958) e da due Oscar consecutivi per La fontana della Vergine (del 1959 ma premiato nel 1960) e Come in uno specchio (1961).

Sia dal punto di vista formale che dal punto di vista contenutistico Bergman opera una straordinaria sintesi delle più importanti correnti ideologiche ed estetiche del primo Novecento. I temi dello psicologismo e dell’esistenzialismo, la riflessione morale e filosofica trovano la loro proiezione formale nell’espressionismo e in un’eclettica alternanza di realismo e simbolismo. Un film come Il posto delle fragole è una pietra di paragone  con la  quale devono misurarsi tutti coloro che vogliano mettere in scena il tema della memoria. Poi, a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta si apre una stagione in cui il suo pessimismo e la sua attenzione per la psicologia si radicalizzano: sono gli anni di Persona (1966), Scene da un matrimonio (1973), Sussurri e grida (1973), sino a Fanny Alexander (1982) che gli regala il terzo Oscar. Scomparso il 30 luglio 2007, lo stesso giorno del collega Michelangelo Antonioni, Bergman resta una delle figure più importanti della cinematografia europea e mondiale. Un autore capace di imprimere una forte matrice stilistica ai propri lavori e, al contempo, abilissimo nel lavorare su materiali universali. Per tutti coloro che vogliano (ri)scoprirlo l’appuntamento è al Massimo Tre a partire da martedì 22 marzo, ore 18:30. Si comincia con Crisi il suo debutto cinematografico e la rassegna continuerà sino ad aprile.

Per info: www.museocinema.it

 

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