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La vita degli oceani, il kolossal acquatico con la voce di Neri Marcorè

Davide Mazzocco

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Dopo la visione dello splendido La vita degli oceani di Jacques Perrin e Jacques Cluzaud l’impressione è quella di avere assistito al film definitivo sulla vita marina. Come se l’arte del documentario acquatico avesse ora il suo Quarto Potere, ovverosia un kolossal autoriale dove tutto è estremamente pensato, dalla successione delle scene allo straordinario abbinamento con la colonna sonora. Ci sono voluti quattro anni ai due Jacques (Perrin e Cluzaud) per viaggiare intorno al mondo, dalle isole Galapagos al Sud Africa dalle banchine polari ai mari tropicali inseguendo squali, delfini, foche, balene, pinguini e un’infinità di pesci di straordinaria bellezza e originalità. Una narrazione sinfonica e corale nella quale il popolo del mare – raccontato con discrezione da Neri Marcorè – si palesa nella sua straordinaria biodiversità. Accanto alle scene di lotta per la sopravvivenza si scopre come alcuni pesci di differenti dimensioni siano legati da un rapporto di mutuo soccorso. I tuffi acrobatici di un gruppo di delfini, gli avvitamenti delle balene, i camaleontici agguati dei pesci pietra, le cure materne di un tricheco, la disperata corsa delle tartarughe neonate per raggiungere il mare prima che i gabbiani le catturino, l’agonia di uno squalo al quale i pescatori hanno mozzato le pinne, le coreografie dei tonni, le “battaglie” fra eserciti di granchi, l’indolenza delle foche ripresi dagli operatori incantano per la loro bellezza e stupiscono per la perizia tecnica con la quale sono state realizzati.

Il film è costato cinquanta milioni di euro, un budget che sarebbe stratosferico per una produzione statunitense e che ha dell’incredibile nell’Europa in tempo di crisi. Ma la materia prima è straordinaria così come il messaggio: preservare le specie a rischio e l’equilibrio di un pianeta la cui biodiversità è il presupposto stesso dei processi evolutivi.

 

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