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Giorgio Rinaldi: la spia del Kgb che veniva da Asti: una vita degna di una spy story

Redazione Quotidiano Piemontese

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giorgio-rinaldiLa sua storia sembra uscita da un libro o da un film giallo o da una spy story, ma è tutto vero. Si tratta della vita di Giorgio Rinaldi morto ad Asti nel novembre del 1988 a soli 60 anni. Ex partigiano ed ex campione italiano di paracadutismo, nel 1967 era stato arrestato insieme con la moglie Zarina con l’ accusa di aver lavorato per il KGB lo spionaggio sovietico soprattutto in Spagna. Durante il processo difeso dalla grande Bianca Guidetti Serra, aveva ammesso di aver operato contro il regime franchista spagnolo, respingendo l’ accusa di aver fatto dello spionaggio ai danni del nostro paese. Dopo aver passato in carcere otto dei dieci anni di reclusione a cui era stato condannato ed aver avuto la grazia con l’intercessione di Sandro Pertini, non ancora presidente della Repubblica si era dedicato alla pittura con la moglie. Dopo la morte della prima moglie, si era trasferito ad Asti dove si era sposato con un’ altra pittrice, Romana Carretto. I due amavano il mare e l’avventura e nel 1986 ebbero un grave incidente nel mar Ligure da cui si salvarono grazie all’intervento degli elicotteri della Marina.

La sua storia è raccontata in un libro Tainik: storie vissute nello spionaggio sovietico e nel ricordo della sua morte.

Negli anni 50, in piena guerra fredda, assicurano era uno degli 007 più in gamba dello spionaggio sovietico, l’ uomo più potente del Kgb in Italia. Ma la sua ventennale attività al servizio dell’ Urss fu stroncata dai carabinieri nel marzo del ‘ 67, all’ uscita da un cinema di Torino, dove in un gabinetto aveva nascosto l’ ultima busta con micro messaggi cifrati destinati ad arrivare a Mosca, nel palazzo Lubianka, in piazza Dzinskj, sede del Kgb. Quella busta doveva essere aperta soltanto da Yuri Andropov, il capo del controspionaggio che poi sarebbe divenuto il premier dell’ Unione Sovietica.

Giorgio Rinaldi era una personaggio, una specie di Mata Hari all’ italiana, comunista fino in fondo, ex comandante partigiano della terza brigata Carlo Marx, conosciuto sulle colline dell’astigiano come Neri. I reduci di quelle stagioni alla macchia ora dicono che il partigiano Neri, per coraggio e furbizia, era secondo soltanto ad un altro capo, Edgardo Sogno. Il mito di Rinaldi cominciò proprio dopo l’ 8 settembre ’43, quando le nebbie d’autunno si posavano sulle vigne del Monferrato e si cominciava già a mordere e fuggire davanti ai repubblichini e alle Ss.

L’ avventura della futura spia dei sovietici comincia così, con una semplice doppietta da cacciatore, ma con tanto fegato da fare paura anche ai suoi compagni di brigata. Chi lo avrebbe detto, poi, che Neri (si commuoveva fino alle lacrime quando sentiva l’ inno di Mameli come l’ Internazionale) un giorno avrebbe tradito l’ Italia per un paese straniero? Chi lo avrebbe immaginato che il campione europeo di caduta libera di paracadutismo fosse l’ agente più ascoltato del Gru, un settore superspecializzato del Kgb? Rinaldi fu condannato, in nome del popolo italiano, ad otto anni di carcere assieme alla moglie Zara Nin, soprannominata Zarina e ad un terzo uomo di nome Armando Girard che anche lui del phisique du role della spia aveva proprio poco.

Come Neri-Rinaldi stesso, grassoccio, simpatico, ma un po’ sbruffone. Uno che al bar con gli amici o nei salotti semi-buoni di Torino si vantava di conoscere avventurieri che assomigliavano ad Humphrey Bogart e un giorno stavano a Tangeri, un altro a Berlino, poi si spostavano ai Caraibi, tornavano in Europa e facevano capo a Lisbona, dopo aver perduto tutti i loro equivoci guadagni in una casa da gioco di Macao, fra una fumeria d’ oppio e un casino.

Era proprio l’ avventura di questo monsù Rinaldi Giorgio, nato a Torino nel ’28, da una famiglia che lui definiva di solida borghesia piemontese: sua madre era figlia di un alto funzionario della Finanza, mentre il padre era un conte decaduto, Filippo Rinaldi Ghislieri, tenente colonnello di cavalleria del battaglione Nizza, morto eroicamente nell’ ultima guerra. I miei, usava dire, erano monarchici e borghesi, ma buoni genitori. Io, da quel settembre ’43, ho dimenticato tutto questo: sono diventato comunista. E ho fatto l’ agente di informazioni e non la spia perché non sono mai stato un delatore, ho fatto tutto per i miei ideali.

Andropov che ho conosciuto molto bene, mi dava pochissimo. Non ho mai lavorato, in questo settore, per denaro. E poi l’ Italia non l’ ho mai tradita. Semmai la Spagna…. E furono proprio alcune immagini di obiettivi militari fotografati in Spagna durante le sue esibizioni di paracadutista a far chiudere la sua carriera di spia, anzi di agente di informazioni.

La Cia come in un film di spionaggio che si rispetti lo aveva individuato e aveva segnalato la sua attività al Sifar. Sembra anche che una francesina di Nancy, agente del controspionaggio di De Gaulle, avesse contribuito in modo risolutivo, all’ identificazione dell’ agente del Gru che operava soprattutto nei paesi del Mediterraneo, ovviamente quelli della Nato. Ma io, mai e poi mai ha sempre ripetuto Rinaldi ho fatto qualcosa che andasse contro gli interessi del mio paese. Nella strana avventura di vita della spia-paracadutista c’ è un buco nero, sembra architettato ad arte dal generale De Lorenzo: Rinaldi fu accusato di aver fornito ai russi le fotografie del nascente aeroporto di Avola, in provincia di Siracusa. Durante il processo quest’accusa fu la prova-principe, fra tante altre, secondo la quale il nostro uomo a Torino era un agente sovietico. In realtà anni dopo si è saputo che quelle foto non furono mai scattate da Rinaldi perché quell’ aeroporto non è mai esistito.

Un giallo? Sembra l’ unico, vero e serio, nella storia di quest’ omaccione che si lanciava da novemila metri senza bombola ad ossigeno. Ma quando faceva queste esibizioni (fra gli anni 50 e 60 Rinaldi era famoso in Europa come le Frecce Tricolori), l’ ex partigiano Neri scattava foto su foto che poi provvedeva a nascondere o a fare nascondere in tainik, in russo buchi, anfratti. Tuttavia, sembra che a comprometterlo non siano stati la Cia, il controspionaggio francese, il Sifar, la bella ragazzina di Nancy, ma un astigiano suo amico che un giorno si trovava per lavoro ad Helsinki.

E nella capitale finlandese quel giorno era prevista l’ esibizione del famoso paracadutista italiano Giorgio Rinaldi di Ghislieri. Ma quel giorno, l’ agente segreto aveva un piano in accordo con Andropov: Rinaldi era stato in Marocco per conto del Kgb e doveva fermarsi a Sofia. Ad Helsinki, in realtà, si esibì una controfigura. In quelle ore la spia era a Mosca, a palazzo Lubianka con il futuro premier russo che si congratulava per un’ ottima operazione. Ebbene, quell’ astigiano in Finlandia vide scendere giù dal cielo che prometteva neve da un momento all’ altro, un uomo che sembrava Rinaldi. Vide la sua perfetta caduta, sentì gli applausi della gente. Poi volle andare a complimentarsi con lui, abbracciarlo. Ma quando si trovò di fronte a quel paracadutista ebbe la sgradita sorpresa di trovarsi di fronte ad un giovanottone russo.

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