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CronacaTorino

Nichelino, cane lasciato a catena corta, senza acqua e senza riparo: solo una multa al padrone

Gli agenti non hanno però constatato il reato di maltrattamento animali

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NICHELINO – Su segnalazione gli agenti dell’ufficio tutela animali del Comune di Nichelino sono intervenuti in una villetta della cittadina in cui un cane era tenuto legato a catena corta, senza la possibilità di raggiungere un riparo, oltre al fatto di non avere acqua fresca a disposizione.

Per quello che concerne il padrone è stato multato in principio di 165 euro, come prevede il nuovo regolamento comunale dal 2023 che vieta tenere i cani alla catena. La cifra è aumentata a 250 euro perché l’animale non era dotato di microchip. Il cane però è rimasto con il padrone.

Gli agenti non hanno però constatato il reato di maltrattamento animali, punito dall’Articolo 544 ter Codice Penale con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

Aggiornamento:

In seguito alla nostra pubblicazione è arrivata una precisazione da Fiodor Verzola, Assessore alle Politiche a Tutela dei Diritti degli Animali del Comune di Nichelino.

L’assessore è contrariato per l’affermazione che il padrone ha ricevuto solo una multa, come è evidentemente avvenuto e vuole spiegare perché anche questa multa è un traguardo per Nichelino e il Piemonte.

“Trovo il titolo e l’impostazione dell’intero pezzo gravemente fuorvianti, oltre che pretestuosi. L’affermazione “solo una multa” banalizza e distorce completamente la portata dell’azione amministrativa e normativa messa in atto in questo Comune. Si omette, infatti, un elemento fondamentale: fino a poco tempo fa, a Nichelino come in gran parte del Piemonte, non era neanche possibile multare casi simili, perché i regolamenti erano così interpretabili da permettere, di fatto, che un cane potesse trascorrere tutta la sua vita legato a una catena.

È stato grazie al mio intervento diretto come assessore alle politiche animaliste del Comune di Nichelino che questa prassi è stata interrotta. Abbiamo approvato un nuovo regolamento che vieta in modo assoluto la detenzione a catena dei cani, e Nichelino è stato il primo Comune in Piemonte ad attuare questa rivoluzione. È da qui che è partito il cambiamento che ha poi portato la stessa Regione Piemonte a recepire e adottare lo stesso divieto, a seguito delle nostre precise sollecitazioni.

Nel caso riportato nel vostro articolo, l’intervento da parte del Comune e dell’Ufficio Tutela Animali è stato immediato: il cane è stato messo in sicurezza, è stata elevata una sanzione e sono stati attivati controlli settimanali per garantirne il benessere. L’illecito rilevato, lo ricordo, è di natura amministrativa, e ad oggi non è giuridicamente previsto il sequestro dell’animale, in assenza di riscontri penali certi.

Ma non ci siamo fermati nemmeno qui. Ho chiesto e ottenuto l’introduzione della discussione sul DASPO cinofilo in Regione Piemonte, proprio per colpire situazioni in cui si profila una possibile reiterazione del comportamento dannoso o pericoloso nei confronti dell’animale.

Sarebbe stato doveroso, da parte vostra, approfondire tutto questo. Stigmatizzo con fermezza l’approccio superficiale e tendenzioso con cui è stata trattata questa vicenda, privo di qualunque volontà di approfondimento e utile solo ad alimentare una narrazione scandalistica, del tutto scollegata dalla realtà dei fatti e dagli sforzi concreti compiuti sul territorio.

Quello che avete definito “solo una multa” è in realtà il primo effetto concreto e tangibile di una battaglia culturale e normativa durata anni. È l’esito di un percorso normativo complesso che ha finalmente portato a sanzionare condotte che prima non potevano nemmeno essere perseguite.

Mentre alcuni si limitano a fare titoli facili, noi cambiamo le regole, agiamo, interveniamo, costruiamo una cultura diversa nella tutela degli animali”.

Si è agito per il bene del cane sicuramente, ma il codice penale con l’articolo 727 “Abbandono di animali” punisce con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro “Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività […] Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”. Sofferenze spiegate nella sentenza 1215 del 1999 della Cassazione Penale.

Cass. pen. n. 1215/1999

In materia di maltrattamento di animali, la condotta di incrudelimento va intesa nel senso della volontaria inflizione di sofferenze, anche per insensibilità dell’agente. Comportamento questo che non necessariamente richiede un preciso scopo di infierire sull’animale. Peraltro determinare sofferenza non comporta necessariamente che si cagioni una lesione all’integrità fisica, potendo la sofferenza consistere in soli patimenti. (Nella specie la Corte ha ritenuto integrato il reato nell’aver tenuto legato un cane ad una catena corta e senza alcun riparo).

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