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Studiare la biologia delle piante per le missioni spaziali: docente di UniTo partecipa a uno studio internazionale su

Si chiama Massimo Maffei e insegna a Biologia: “I risultati sono di fondamentale importanza per gli studi sia sul nostro pianeta che oltre la Terra”

Sandro Marotta

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TORINO – Come coltivare le piante nello spazio? E come utilizzarle in una futura missione spaziale sulla Luna? É questo, in modo molto semplificato, il senso dello studio condotto da un team di 40 scienziati provenienti da 11 paesi e sette agenzie spaziali, a cui ha partecipato anche un ricercatore dell’Università di Torino. Si chiama Massimo Maffei e insegna al Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi DBIOS.

Lo studio è stato pubblicato su New Phytologist (rivista scientifica fondata dal botanico Sir Arthur Tansley, che studiò con Sigmund Freud a Vienna) ed è il risultato di un workshop condotto l’anno scorso presso il Simposio Biennale dell’European Low Gravity Research Association, a Liverpool. I ricercatori partono  dal presupposto che prima di pensare a cosa esaminare nello spazio, è necessario capire come far soravvivere gli astronauti. Si concentrano poi sulle piante e sulla loro coltivazione: “Sono leggere e facili da conservare nel loro stato embrionale quiescente (semi) e possono fornire una fonte rinnovabile di cibo fresco e ossigeno – si legge nell’introduzione dello studio -, rimuovere l’anidride carbonica, purificare l’acqua e riciclare i rifiuti. Inoltre, possono produrre prodotti di alto valore su richiesta, contribuendo a soddisfare esigenze impreviste di materiali e medicinali”.

Nell’articolo si evidenzia come le piante siano il cardine di un sistema di supporto vitale biorigenerativo (singla inglese: BLSS), cioè una serie di elementi necessari affinchè in determinate condizioni la vita (umana e vegetale) sia preservata e riprodottta.

Il professor Maffei ha spiegato che “sia la Luna che Marte non producono un campo magnetico protettivo, rendendo queste ricerche cruciali per comprendere e mitigare gli effetti sull’agricoltura spaziale e sulla sostenibilità delle missioni umane a lungo termine. Gli studi portati avanti dai Fisiologi Vegetali del DBIOS sulle risposte delle piante ai campi magnetici e i loro risvolti nel campo della biologia quantistica – discussi nell’articolo – sono di fondamentale importanza per gli studi sia sul nostro pianeta che oltre la Terra”.

Coltivare cibo sulla Luna pone anche questioni etiche, che in un passaggio sono anche affrontate nella ricerca: “La Luna ha un profondo significato culturale e spirituale per molte società e il rispetto di questa diversità deve essere una considerazione nella pianificazione delle missioni future. Nel contesto del supporto vitale basato sulle piante e della produzione alimentare, le differenze culturali influenzano anche le esigenze e le preferenze alimentari e di preparazione degli alimenti. Un’ulteriore complessità deriva dalle divergenti opinioni internazionali su tecnologie come la modificazione genetica. Mentre alcuni Paesi adottano questi strumenti per la sicurezza alimentare e la sostenibilità, altri mantengono una rigida opposizione normativa o culturale”

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