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CronacaTorino

Lancio della bici dai Murazzi, i giudici: “Nessun reale pentimento”. Confermati 14 anni a Sara Cherici

Per la Corte d’appello di Torino Sara Cherici non ha mostrato pentimento né senso di responsabilità. Confermata la condanna a 14 anni

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Per la Corte d’appello di Torino, in Sara Cherici è mancato del tutto il senso di responsabilità che ci si sarebbe aspettati dall’unica maggiorenne della baby gang coinvolta nel lancio della bici dai Murazzi di Torino. Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado, i giudici parlano senza mezzi termini di un’assenza totale di resipiscenza e di un atteggiamento solo apparentemente collaborativo.

Secondo i magistrati, la 21enne “si è mostrata priva di reale emozione e di effettivo pentimento”, limitandosi a “poche spontanee dichiarazioni” che hanno dato “l’idea di voler recitare una parte solo per ottenere un trattamento sanzionatorio più lieve”. Parole che spiegano la decisione di confermare una condanna severa: 14 anni di carcere per concorso in tentato omicidio colposo aggravato dai futili motivi.

Il ruolo della maggiorenne e il “dovere di intervenire”

La Corte sottolinea come Cherici, pur non avendo materialmente lanciato la bicicletta, abbia sostenuto l’azione del gruppo senza fare nulla per impedirla. Un comportamento giudicato particolarmente grave proprio perché proveniente dall’unica persona maggiorenne presente.

“Ha appoggiato l’azione e non si è attivata in alcun modo per scoraggiarla – scrivono i giudici – così come sarebbe stato suo preciso compito, stante il maggiore senso di responsabilità legato all’età”. Per i magistrati, il contesto è quello di un branco “animato da spregio”, capace di esprimere “vero odio del tutto ingiustificato verso chi non aveva alcuna colpa”.

Dopo l’aggressione: silenzio e cancellazione dei messaggi

A pesare sul giudizio finale è stato anche il comportamento tenuto dopo i fatti. La sera del 20 gennaio 2023, quando la bici elettrica lanciata dai Murazzi colpì lo studente di medicina Mauro Glorioso, rendendolo tetraplegico, Cherici assistette alla scena senza intervenire. Subito dopo fuggì con gli altri e proseguì la serata come se nulla fosse accaduto.

Nei giorni successivi non denunciò l’accaduto e cancellò dal telefono gran parte dei messaggi scambiati con il resto del gruppo, nei quali si parlava apertamente di quanto successo e delle possibili conseguenze. Un comportamento che, per la Corte, conferma l’assenza di una presa di coscienza reale.

Le attenuanti respinte

La difesa aveva chiesto di tenere conto delle difficoltà personali dell’imputata, facendo riferimento a un contesto familiare problematico e a uno sviluppo della personalità segnato dal disagio. Argomenti che i giudici hanno respinto, chiarendo che “non vi è alcun appiglio che possa giustificare una pena al di sotto della cornice edittale prevista”.

Da qui la decisione di fissare la condanna in 14 anni di reclusione, ridotta rispetto al primo grado ma ritenuta comunque proporzionata alla gravità del fatto.

Il processo e le prospettive future

A differenza degli altri membri della baby gang, tutti processati con rito abbreviato, Sara Cherici aveva scelto il rito ordinario, nella speranza di dimostrare la propria estraneità ai fatti. Una strategia che non ha convinto né il tribunale né la Corte d’appello.

Ora per la 21enne resta la possibilità di ricorrere in Cassazione. In caso contrario, la condanna diventerà definitiva e dovrà essere scontata.

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