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A radici nude nell’orrido di Chianocco con Cristina Converso
Il romanzo di Cristina Converso intreccia mistero, attivismo e Natura nella suggestiva Val di Susa. Un grido d’amore per l’orrido di Chianocco.

TORINO – Un viaggio nel cuore della val Susa, in quell’orrido di Chianocco che è davvero un gioiello naturale del nostro Piemonte. E’ questa l’ambientazione protagonista di A radici nude, Buendia Books, il nuovo romanzo di Cristina Converso, capace come sempre di unire storie avvincenti a temi ambientali di grande importanza.
Questa volta abbiamo una serie di personaggi che vivono nella piccola Chianocco e sono alle prese con la folle ipotesi del sindaco di costruire una passerella sopra l’orrido, una struttura che causerebbe danni all’intero ecosistema. Mia e la sua compagna Simone cercano di lottare per evitare lo scempio, coinvolgendo i propri concittadini e cercando ogni via per bloccare il progetto.
Intorno a questa vicenda centrale si sondano però le vicende dei protagonisti. La stessa Mia, Sergio che torna dopo tempo in paese, Brunella con la sua disponibilità, il sindaco… ed Emma, il cui ricordo ariva da un tempo passato. Si, perchè Converso ci porta avanti e indietro nel tempo sapientemente, per costruire intrecci e tessere i fili di un mistero che verrà svelato pagina dopo pagina.
C’è poi un vecchio libro, una bambina cieca, un’anziana sciamana, una mostra di disegni e fotografie, un cimitero simbolico e tutto quello che riesce a creare una comunità. E soprattutto ci sono i boschi, c’è l’orrido, ci sono i lecci, un bombo, la Natura tutta, vera protagonista di questa storia e della storia del mondo, di cui è depositaria eterna.
L’intervista con Cristina Converso
La tua nuova vicenda, che racchiude tanti temi e personaggi, nasce in un posto davvero da favola. Ci dici due parole sull’orrido di Chianocco?
La verità, mi sono innamorata di tutta la Val di Susa, perché terra di antichi transiti e accoglienza, come dimostrano le millenarie tracce lasciate dall’umanità in cammino, attraverso le Alpi. Perché, come ogni altra valle, possiede unicità da conoscere e tutelare, proprio come la perla dell’Orrido di Chianocco, riserva regionale istituita nel 1980, che preserva l’unica stazione spontanea di leccio esistente sull’arco alpino. In particolare, perché lì il paesaggio è spigoloso e il suo profilo è messo a nudo dalla geomorfologia del sito, le forre alte e bianche, erano perfette per creare una storia dai tratti decisi, con spaccature narrative e fragili come la materia di cui sono composte, il calcare.
Nella tua storia questo paradiso è minacciato da un folle progetto e gli abitanti cercano di proteggere il loro territorio. Questo è lo spunto che da inizio alla vicenda?
Tutto il romanzo è un tributo all’attivismo ambientalista promosso da Marguerite Yourcenar, e dalla sua compagna Grace Frick, e in particolare mi premeva portare a conoscenza del lettore i meccanismi che reggono la parte relativa alla Valutazione d’Impatto Ambientale che un territorio, Enti di competenza e cittadini devono affrontare nel percorso di pianificazione di un’opera. Questi percorsi che portano al consumo delle risorse di un territorio e impattano sulla vita dei cittadini vengono spesso comunicati in modo scorretto, specialmente i percorsi che si possono fare per presentare eventuali osservazioni e discutere nelle sedi amministrative di eventuali modifiche progettuali o compensative. In modo semplice, poiché inserito nella narrazione, la storia porta avanti tutti i passaggi che questi progetti devono compiere, un piccolo contributo che spero possa aiutare il lettore ad avvicinarsi alla complessità del tema e stimoli a nuove letture e interessi.
Il tuo romanzo è costellato di personaggi, da Mia e Simone, a Brunella, a Emma, a Sergio. A chi di loro sei più affezionata?
Davvero difficile per me fare una scelta, ognuno di loro ha dentro qualcosa dell’autore, un aspetto che può essere sia positivo che negativo ma che poi, nella vicenda gioca un ruolo determinante. Sicuramente Brunella, la governante di Mia ha dentro di sé tutti i segreti delle vite che accompagna nella storia, è lei il caleidoscopio attraverso cui il lettore apprende e insieme teme o gioisce. Dovendo individuare un punto di vista più affettivo, propendo per Brunella, perché è il personaggio che più fa le funzioni del narratore onniscente.
La vera protagonista è però la Natura della valle: il bosco, i lecci… ci racconti la particolarità di questa zona?
I lecci, di cui abbiamo parlato all’inizio del nostro dialogo, hanno raggiunto quest’area di rifugio già durante il Quaternario, fiutando il clima secco e caldo della vallata. Il favonio dà vita e morte, come abbiamo visto, ma questo fa parte del gioco della Natura. L’orrido è un biotopo nazionale, nelle sue pareti hanno trovato casa numerose specie protette, dall’avifauna agli insetti, orchidee e anfibi.
Il leccio (Quercus ilex): in particolare è un albero mediterraneo, per tale motivo ha cercato di evolvere strategie riproduttive in grado di superare la siccità dei climi in cui vive. Nel genere Quercus, la caduta dei frutti per la maggior parte delle specie è concentrata in 120 giorni, da settembre agli inizi di dicembre, con il picco di caduta massima nel mese di novembre; mentre solo per il leccio il tempo si protrae fino ai mesi primaverili, proprio per dar modo ai semi di fruire al massimo delle precipitazioni primaverili, in caso di scarso innevamento invernale. Per chi fosse interessato, ci sono stupendi percorsi da fare a piedi o in bici, per i più esperti, che permettono di conoscere ed esplorare i luoghi citati nel romanzo, e un sentiero balcone che collega i due orridi della vallata, Chianocco e Foresto.
Inoltre, è interessante riferire che i primi insediamenti umani della Val di Susa risalgono al Neolitico, e curiosità del caso, il primo rinvenimento di reperto umano in Piemonte avvenne proprio qui, nella grotta alta dell’orrido di Chianocco, il dente di un valligiano alpino dell’Età del Rame. A scoprirlo un gruppo di archeologi alpini nel 1978.
Il racconto ci porta avanti e indietro nel tempo. Ci sono anche una bambina cieca, una sciamana ed un libro senza titolo e copertina…
La storia della giovane sciamana cieca, che intervalla la narrazione principale e ricongiunge tra loro i personaggi, è liberamente ispirata alla vera storia della “profetessa” Margherita Richetto, che nel 1742 don Giovanni Armondino accusò di stregoneria.
In verità, Margherita era una donna dai tratti mascolini, alta di statura e dalla voce tonante, la cui grande capacità di ascoltare attirò nella catapecchia di Chianocco un sempre maggior numero di persone. Venne dapprima incarcerata, fustigata in pubblico e bandita dalla vallata per cinque anni. Quando finalmente poté tornare alla propria casa, anche la processione dei valligiani ricominciò. Margherita ascoltava e con poche semplici parole confortava e guariva i cuori. Venne nuovamente rinchiusa nelle carceri di Susa, dove trovò la morte nel 10 gennaio del 1746. Ma la sua voce danza ancora, come la sua leggenda, e risuona nelle notti di favonio, al fondo dell’orrido, antesignana di scuole di psicoterapeuti ed io ho voluto raccoglierla proprio in quel libro senza più copertina e titolo che passa tra le mani dei personaggi di questo romanzo.
Per chiudere un riferimento particolare. Cosa ha a che fare Marguerite Yourcenar con questo libro?
Come anticipato, questa storia è frutto di un percorso iniziato con la lettura del libro “L’invenzione di una vita: Marguerite Yourcenar” di Josyane Savigneau (Einaudi, 1991).
Partendo da quelle pagine, la ricerca si è estesa fino a scoprire come la coppia formata da Marguerite e Grace (Frick) sia stata tra le prime a impegnarsi pubblicamente con associazioni di ecologisti americani nel 1977, finanziando personalmente i primi germogli di ciò che sarebbe stato noto al mondo come Greenpeace, come successivamente fecero anche per altre associazioni nascenti in Europa. Marguerite e Grace acquistarono “una casetta molto semplice, con un gran giardino e molti libri” sull’isola di Mont-Desert nel 1950, e la chiamarono la Petite Plaisance, dove: “ciò che è bello, bellissimo, è la grande stagione dell’estate indiana, che dura sino al quindici novembre. Aceri rossi, le querce quasi violette, le betulle d’un verde tenero, tenero”. Si amarono e amarono tutto ciò che la Natura donava loro e vollero impegnarsi riducendo al lumicino i loro capitali, lavorando con lo scopo di “restare vicini alla Natura, insomma a tutto quello che lega l’uomo al proprio destino planetario”. La coppia Mia-Simone, presente nel romanzo, è un piccolo omaggio a una grande coppia realmente esistita.
Da lì, la discesa nel silenzio, nella ricerca e nel contatto con Madre Terra, mi ha portata ad approfondire lo sciamanesimo e le sue radici più profonde, che risalgono alla pre-forma più pura di spiritualità, prima che altre religioni si strutturassero. Gli sciamani sono i grandi specialisti dell’anima umana, loro solo la vedono, ne conoscono la forma e il destino, alla luce di un percorso di separazione dalla società, estasi, voli magici, ascensioni e discese, dominio del fuoco attraverso l’esperienza diretta con gli elementi naturali. Oggi, sarebbe assurdo voler ricostruire lo sciamanesimo nella sua forma originaria, ma la sua conoscenza potrebbe contribuire alla conversione ecologica, un riavvicinamento all’ascolto delle voci che il nostro rumore nasconde.
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