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A Torino si prepara la mobilitazione per chiedere la liberazione dell’imam Mohamed Shahin

Annunciata la mobilitazione permanente

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TORINO – Mentre nella serata di ieri il corteo promosso da “Non una di meno” si è snodato per le vie della città e in tremila hanno sfilano contro la violenza sulle donne, una parte dei manifestanti ha marciato anche in solidarietà a Mohamed Shahin, l’imam della moschea di via Saluzzo a Torino.

Nella giornata di ieri, infatti, all’imam sono stati notificati la revoca del permesso di soggiorno e un decreto di espulsione con rimpatrio immediato per ragioni di sicurezza. Shahin ha sempre partecipato alle proteste pro-Palestina avvenute in città. A ottobre, durante una di queste, aveva scatenato polemiche per alcune frasi su Hamas: per lui l’attacco del 7 ottobre «è stato un atto di resistenza, dopo anni di occupazione».

Ma la solidarietà nei confronti dell’imam non si è limitata alla sola serata di ieri, gli attivisti hanno infatti annunciato tramite i canali social l’inizio della mobilitazione permanente per la liberazione immediata di Mohamed Shahin.

Si parte questa sera con una assemblea alla moschea di via Saluzzo, ore 18.00, per dare voce al quartiere e alla città. Domani, giovedì 27 novembre ore 18.00, mobilitazione cittadina sotto la prefettura in piazza Castello.

Apprendiamo con grande preoccupazione del mandato di espulsione emanato dal ministro Piantedosi su richiesta della deputata Montaruli nei confronti di Mohamed Shahin, compagno, amico e fratello. Figura centrale delle mobilitazioni per la Palestina di Torino per Gaza e colonna portante per la comunità musulmana e per il quartiere di San Salvario.

Mohamed è stato prelevato dalla sua abitazione e portato nel centro di rimpatrio di Torino prima e in quello di Caltanissetta adesso, dopo avergli revocato il permesso di soggiorno di lunga durata e richiesto la sua immediata deportazione per l’Egitto, paese nel quale Mohamed è considerato un dissidente politico del regime.

Un’azione che lo espone a un rischio concreto di arresto, tortura e detenzione a vita, se non la morte.

Mohamed è conosciuto da tutta la città di Torino per il suo forte impegno a far dialogare le diverse ed eterogenee comunità religiose con l’umiltà e la coerenza che lo contraddistinguono. Un’uomo che ha sempre parlato di pace, di pace tra i popoli che come gli piaceva sempre dire non hanno nazioni, colori, bandiere e religioni. Mohamed vive in Italia da più di vent’anni con la moglie e i suoi figli piccoli che hanno dovuto assistere all’arresto del proprio padre consapevoli del futuro che lo Stato gli vuole riservare: la condanna a morte.

l suo arresto si fonda sulle opinioni, sull’idea di un mondo libero dalla violenza del genocidio e della guerra, sulla partecipazione alle manifestazioni condotte in città in questi ultimi mesi, manifestazioni nelle quali eravamo tutti e tutte presenti.

Permettere oggi che Mohamed venga deportato in Egitto, significa colpire ognuno e ognuna di noi, significa permettere che ci venga sottratto l’ennesimo pezzo di libertà, significa far capire al governo che ormai gli è tutto concesso.

Vogliono impaurirci, dividerci per fermare l’incredibile sollevazione mondiale per la Palestina. Non ce la faranno.
Pretendiamo l’immediata scarcerazione di Mohamed e la cancellazione di ogni richiesta di deportazione politica.

L’accanimento nei confronti di Mohamed è il tentativo di tagliare le gambe al movimento ma soprattutto di intimidire coloro che ne fanno parte e sono più ricattabili perché senza cittadinanza o con una cittadinanza che può sempre essere revocata, noi dobbiamo rispondere alla paura con la forza della solidarietà dimostrando che uniti si può vincere.

La nostra risposta è uno stato di mobilitazione permanente, quotidiana, fino a quando Mohamed non sarà libero di tornare tra di noi.

Scrive in una nota Torino per Gaza.

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