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Insulti razzisti al Palasport di Villafranca, lo sfogo di Adhu Malual: “Non mi sono sentita a casa”

La denuncia di razzismo della giocatrice del Monviso Volley

Gabriele Farina

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VILLAFRANCA PIEMONTE – Doveva essere una serata di sport, davanti al pubblico di casa. Si è trasformata invece in un’esperienza dolorosa e inaccettabile. Adhu Malual, opposto della Monviso Volley e punto di riferimento della Nazionale italiana femminile, ha affidato a un lungo e duro post su Instagram il proprio sfogo dopo la sconfitta interna contro Macerata, denunciando insulti e offese di stampo razzista ricevuti dagli spalti.

«Ieri sera ho giocato in casa. E non mi sono sentita a casa», scrive la pallavolista, 25 anni, nata a Roma da genitori originari del Sudan del Sud. Parole che pesano come macigni e che vanno ben oltre il risultato del campo, passato inevitabilmente in secondo piano. Malual racconta di non aver mai vissuto, in dodici anni di carriera, una situazione simile: fischi continui, offese personali, insulti rivolti non solo a lei ma anche ai suoi familiari presenti sugli spalti.

«Si può sbagliare. Fa parte del gioco, fa parte del lavoro, fa parte dell’essere umani – prosegue –. Quello che non fa parte di questo sport sono insulti, fischi costanti, offese personali e commenti razzisti». Un clima ostile che, sottolinea l’atleta, non aveva nulla a che vedere con il sostegno alla squadra o con la volontà di spronare le giocatrici, ma solo con l’intento di colpire.

Nel suo messaggio, Malual ribadisce con forza la propria identità e il legame profondo con l’Italia. «Sono fiera di essere italiana. Sono fiera di giocare in uno dei campionati più forti al mondo. Sono fiera di indossare la maglia azzurra», scrive, rivendicando un amore per il Paese che definisce «indescrivibile» e che nessuno, assicura, potrà mettere in discussione.

Un episodio che riaccende i riflettori sul tema del razzismo nello sport, anche in contesti che dovrebbero essere simbolo di inclusione, rispetto e condivisione. La denuncia pubblica di Adhu Malual non è solo uno sfogo personale, ma un richiamo forte e chiaro a tutto il movimento sportivo: certi comportamenti non possono e non devono trovare spazio, né sugli spalti né altrove.

 

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