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Chi sono le Masche, le streghe del Piemonte

Tra mito e leggenda alla scoperta delle masche del Piemonte

Gabriele Farina

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TORINO – Le Masche sono figure del folclore tradizionale piemontese — spesso equiparate a “streghe” — che da secoli popolano miti, leggende e racconti nelle campagne, colline e valli del Piemonte.

Il termine “masca” è documentato già nel 643 d.C., nell’Editto di Rotari, con il significato di “strega”: strigam, quam dicunt Mascam.

L’etimologia della parola non è certa: potrebbe derivare dal longobardo masca (“spirito maligno” o “strega”), oppure da parole provenzali o arabe che evocano incantesimi, trasformazioni e spiriti.

Aspetto, poteri e natura delle Masche

Nella tradizione le Masche sono spesso donne “apparentemente normali”: possono vivere in un villaggio, partecipare alla vita comunitaria, andare in chiesa come tutti.

Tuttavia, di notte o in momenti particolari manifestano poteri soprannaturali: tra questi bilocazione, cioè la capacità di essere contemporaneamente in più luoghi; trasformazione in animali, vegetali o oggetti; volo immateriale, uscendo “con l’anima” dal corpo.

Alcune varianti più “ancestrali” o “sovrannaturali” delle Masche non avrebbero addirittura un corpo umano permanente: si parla di spiriti dei boschi, creature legate alla natura, distinte dalle “Masche domestiche” che frequentano la comunità.

Non sempre sono considerate malvagie: molte leggende le descrivono come guaritrici, erboriste o mediche popolari, esperte di rimedi naturali per curare ferite, malattie o aiutare donne e animali.

Tuttavia l’ambivalenza è parte del fascino: possono essere benevole in certi casi, ma anche causare “mascherìe” — malefici, malattie, sventure, calamità, sventure nei raccolti o nella vita quotidiana.

Funzione sociale e culturale: paura, protezione, spiegazione del mistero

Il fenomeno delle Masche va interpretato anche come prodotto di una società contadina che – in assenza di conoscenze scientifiche e in presenza di eventi inspiegabili (morti premature, malattie, maltempo, incidenti, carestie) – cercava di dare un volto al “male” e una spiegazione agli eventi tragici.

In molti paesi, durante le veglie invernali — le “vijà” — era consuetudine raccontare storie di Masche, angoscianti ma anche avvertimenti morali: da un lato la paura del male, dall’altro l’invito a rispettare le regole della comunità, la solidarietà, i valori condivisi.

Quando qualche donna era “sospettata” di essere Masca — magari perché solitaria, vedova, malvista, con conoscenze di erbe o pratiche poco comprese — poteva subire accuse, sospetti, persecuzioni. In alcuni casi — come avvenne nel 1495 nei paesi di Gambasca e Rifreddo, in Valle Po — alcune donne furono processate e condannate al rogo come “masche”.

In questo senso, la figura della Masca rappresentava al contempo una condivisione di sapere popolare (erboristeria, cura) e un capro espiatorio in momenti di crisi: calamità, malattie, decessi infantili, carestie.

Zone, diffusione geografica e permanenza nel tempo

La credenza nelle Masche è particolarmente radicata in specifiche aree del Piemonte, in particolare:

  • Il Roero, le Langhe e l’Astigiano
  • Il Canavese, le Valli Cuneesi, le Valli di Lanzo, la provincia di Biella e l’Alessandrino.

Nonostante i tempi moderni, la memoria delle Masche non è scomparsa: in alcune località sopravvive la tradizione orale, in racconti, feste popolari, narrazioni nelle sagre o eventi a tema.

In ambiti turistici e culturali — soprattutto nelle Langhe e nel Roero — c’è un interesse crescente verso questi racconti: alcuni turisti e appassionati li cercano per riscoprire la dimensione mistica e leggendaria del territorio.

Interpretazioni moderne: storia, antropologia e memoria collettiva

Negli ultimi decenni, alcuni ricercatori e scrittori — come l’antropologo Massimo Centini — hanno cercato di studiare le Masche non come mere superstizioni, ma come espressione di una cultura popolare antica, fatta di racconti, eredità orale, pratiche di medicina popolare, credenze contadine.

In questa prospettiva le Masche diventano una lente per osservare i conflitti sociali e culturali di epoche passate: l’emancipazione femminile — anche solo nel sapere delle erbe o nella capacità di curare — la paura dell’ignoto, il rovesciamento in sospetto di individui “diversi”.

Allo stesso tempo, la loro ambivalenza — bene/male, guarigione/maledizione — racconta la complessità delle società rurali, dove l’equilibrio tra comunità, superstizione, natura, religione e sopravvivenza quotidiana era fragile e spesso spiegato attraverso il simbolico.

Oggi — seppure in forma allegorica — le Masche conservano un valore culturale: rappresentano una memoria, un’eredità di storie che parlano della paura, del mistero, della forza delle donne e della fragilità delle comunità contadine. Una memoria che rischierebbe altrimenti di perdersi.

Conclusione: un frammento di identità piemontese tra mito e realtà

Le Masche non sono semplici “streghe” come quelle delle fiabe o dei racconti horror: sono un fenomeno profondamente radicato nel tessuto sociale, culturale e geografico del Piemonte. Sono una manifestazione di paura, speranza, dolore, ma anche di sapere popolare, cura, gioco rituale, memoria collettiva.

Per chi vive il Piemonte le storie delle Masche possono rappresentare un invito a guardare con occhi diversi la storia delle nostre valli, delle nostre colline: non semplici terre da attraversare, ma luoghi plasmati da credenze, leggende, voci di vecchi contadini che narravano alla luce di una candela, intessendo un filo tra passato e presente.

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