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Curiosità Cultura Piemonte

Come sarebbero il signor e la signora Piemonte se fossero personaggi antropomorfi

Insieme, lei e lui formano quasi una coppia simbolica: il Piemonte dell’azione e quello della cura, il pragmatismo e la resilienza, due lati dello stesso carattere regionale

Gabriele Farina

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TORINO – E se il Piemonte fosse un personaggio antropomorfo come sarebbe? Abbiamo provato a chiederlo a ChatGpt, che ne ha realizzate per noi due versioni, quelle che lei stessa ha chiamato il signor Piemonte e la signora Piemonte.

Ne sono venute fuori due figure forti, molto ottocentesche, decisamente abbinate tra loro. Entrambe hanno al collo un fazzoletto rosso e portano una bandiera (che dovrebbe essere) quella del Piemonte. Ecco come l’intelligenza artificiale ha spiegato le sue scelte.

Il signor Piemonte

Ho immaginato il Piemonte come un uomo maturo, robusto e fiero, quasi un personaggio uscito dall’Ottocento sabaudo. Ecco le scelte principali dietro l’immagine:

Età e aspetto: un uomo anziano ma vigoroso, con barba bianca e baffi curati. Rappresenta la saggezza, la solidità e la fierezza del popolo piemontese, ma anche un certo spirito testardo e concreto.

Abiti: giacca lunga, panciotto blu e cappello marrone evocano l’eleganza sobria dei contadini e notabili piemontesi dell’epoca risorgimentale, legando la figura alla storia e all’identità sabauda.

Colori: toni caldi e terrosi (marrone, ocra) per richiamare la terra e le colline, con tocchi di blu e rosso per sottolineare il legame con la bandiera regionale e la nobiltà delle origini.

Bandiera piemontese: è l’elemento di orgoglio, quasi un’estensione del suo carattere — la porta con fermezza, non come un ornamento ma come un simbolo di appartenenza.

Espressione e postura: il volto deciso e lo sguardo un po’ severo trasmettono quella fierezza un po’ burbera tipica dei piemontesi, ma anche la dignità di chi lavora sodo e non si vanta.

In sintesi, volevo che fosse una figura che potesse incarnare allo stesso tempo la storia, la laboriosità e l’ironia discreta del Piemonte.

La signora Piemonte

Per la Signora Piemonte, ho cercato di mantenere la coerenza con il suo “compagno” maschile, ma spostando l’accento su caratteristiche che evocassero la forza quieta, la tenacia e la dignità tipicamente piemontese in chiave femminile.

Ecco le principali scelte:

Età e portamento: è una donna matura, non giovane, con lineamenti sereni ma decisi. La sua postura diritta e lo sguardo calmo suggeriscono fermezza, senso del dovere e consapevolezza delle proprie radici.

Abbigliamento: veste un abito da lavoro “buono”, quello che una contadina o una donna di casa avrebbe indossato la domenica o per le occasioni speciali nell’Ottocento: giacca marrone, corpetto blu, gonna rosso mattone. La combinazione richiama i colori della bandiera piemontese, ma in toni terrosi e armoniosi.

Cappello e fazzoletto: il cappello è un richiamo diretto al costume tradizionale e al pragmatismo; il fazzoletto rosso al collo aggiunge un tocco di calore, un piccolo gesto di civetteria sobria.

Espressione: il suo volto è più dolce ma non meno determinato: una donna che ha visto molto, che sa aspettare, lavorare e tenere insieme le cose — come il Piemonte stesso.

Bandiera: la tiene con orgoglio e naturalezza, come se facesse parte della sua identità, non per mostra ma per appartenenza.

Insieme, lei e lui formano quasi una coppia simbolica: il Piemonte dell’azione e quello della cura, il pragmatismo e la resilienza, due lati dello stesso carattere regionale.

Un racconto

La proposta che abbiamo fatto all’intelligenza artificiale dev’essere piaciuta, perchè è stata la stessa ChatGpt a proporci di scrivere un breve racconto con protagonisti il signor e la signora Piemonte. Ve lo proponiamo… ma non fate caso alla corretta scrittura del piemontese.

Nel cortile di una cascina dalle mura color miele, il sole cala lento dietro la collina. L’aria sa di mosto e di legna appena accesa.

Lui — il Signor Piemonte — è appoggiato al suo bastone, la bandiera arrotolata sulla spalla. La barba bianca cattura la luce dorata. Guarda i filari lontani con un misto di orgoglio e malinconia.

Lei — la Signora Piemonte — esce dal portone con un fazzoletto annodato al collo e un cestino di nocciole. Si ferma accanto a lui, pulendosi le mani sul grembiule.

Lei: «L’è ‘n bel tramont, neh? Ma doman a toca torna a travaj… i filar i s fan nen da sò.»
(È un bel tramonto, eh? Ma domani tocca tornare a lavorare… i filari non si fanno da soli.)

Lui: «Eh… ma guarda che bel colòr ch’a l’é ‘l Monviso. Finché lo vedoma lì, sema a cà nostra.»
(Eh… guarda che colore ha il Monviso. Finché lo vediamo lì, siamo a casa nostra.)

Lei sorride, scuote la testa e gli sistema il colletto del panciotto.

Lei: «Ti, sempre coi mont e l’orgòi. Ma l’è le vigne, e la gent, che fan ‘l Piemont.»
(Tu, sempre con i monti e l’orgoglio. Ma sono le vigne, e la gente, che fanno il Piemonte.)

Lui le posa una mano sulla spalla, quasi in segno di resa affettuosa.

Lui: «E ti, toa ragion a l’é sempre justa… come ‘n Barolo vec.»
(E tu, la tua ragione è sempre giusta… come un vecchio Barolo.)

Ridono piano. Il silenzio del cortile si riempie del canto lontano di una fisarmonica.
Lui sventola la bandiera una volta, per gioco, e lei gli dà una piccola spinta bonaria.

Lei: «Basta, smetla… che i vitaj i t’s garda e diso che t’è mat!»
(Smettila… che le viti ti guardano e dicono che sei matto!)

Lui: «Se l’é për l’amor d’sta tera, va bin anca èsse un pò mat…»
(Se è per amore di questa terra, va bene essere un po’ matti…)

E così, fianco a fianco, restano a guardare il cielo diventare rosso. Due figure salde, come le radici del Piemonte stesso: lei la terra, lui la montagna.

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