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L’Università di Torino smentisce i contenuti della petizione Salviamo i macachi di Torino

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L’Università di Torino ha diramanto un dettagliato comunicato in cui risponde punto per punto alla petizione “Salviamo i macachi di Torino“, pubblicata su Change.org e ripresa da molti organi di stampa nei giorni scorsi. Questa la posizione dell’Università:

“Il progetto LIGHTUP – cui si riferisce la petizione “Salviamo i macachi di Torino!” pubblicata sul sito change.org – è stato approvato e finanziato dallo European Research Council, l’Ente di ricerca più prestigioso e rigoroso a livello europeo. Tutte le procedure e gli aspetti etici sono stati vagliati e autorizzati prima dal Comitato Etico dell’Unione Europea, poi dai comitati etici e dagli organismi per la tutela del benessere animale delle Università di Torino e Parma, e infine dal Ministero della Salute.

Al progetto è stato riconosciuto un valore “traslazionale”, ovvero ha una ricaduta clinica diretta per la salute umana. Il suo obiettivo ultimo è infatti di validare procedure riabilitative che permettano il recupero della vista a pazienti ciechi in seguito a una lesione al cervello.

L’Università di Torino precisa che prima di proporre la riabilitazione ai pazienti, è però necessario che i meccanismi neurali alla base del recupero della vista siano studiati sull’animale, e le procedure riabilitative valutate rispetto alla loro efficacia e sicurezza. Non corrisponde al vero l’affermazione riportata dalla petizione pubblicata sul sito change.org per cui “lo studio verrà condotto contemporaneamente, e non dopo, anche su volontari umani”. In questa fase, lo studio su pazienti volontari si limita a caratterizzare gli effetti della lesione senza operare alcun intervento attivo. Tutti gli organismi di valutazione etica e scientifica che hanno esaminato il progetto hanno infatti confermato che per raggiungerne gli obiettivi clinici per la cura sull’Uomo, la sperimentazione animale è indispensabile. Gli stessi organismi indipendenti hanno anche convenuto che i macachi sono l’unica specie utilizzabile. A differenza di altre scimmie meno evolute, l’organizzazione cerebrale del loro sistema visivo è la più comparabile a quello umano, consentendo così di estendere i risultati e le applicazioni cliniche direttamente all’Uomo.

Contrariamente a quanto riportato nel testo della petizione e ripreso da alcune testate giornalistiche, gli animali non verranno resi ciechi. Sarà invece prodotta una macchia cieca, circoscritta ad una zona di pochi gradi del loro campo visivo e limitata ad un solo lato (destro o sinistro). Come hanno dimostrato numerosi studi precedenti, questa operazione ha un impatto minimo e l’animale resterà in grado di vedere e spostarsi normalmente nell’ambiente, alimentarsi ed interagire con i propri simili. Inoltre, il cervello non è un organo sensibile e non ha recettori per il dolore.

Quanto alla trasparenza, la normativa prevede che il Ministero renda pubblica la “sintesi non tecnica” dei progetti autorizzati. Già il Prof.Marco Tamietto ha reso pubblico il documento. Le norme prevedono un equilibrio tra il principio di trasparenza e la riservatezza necessaria per tutelare “i profili di proprietà intellettuale riferiti agli studi in corso”.

Infine, si tiene a precisare che nessuno dei filmati e delle immagini presentati negli articoli si riferiscono a sperimentazioni relative al progetto cui fa riferimento la petizione.”

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