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Perché la svizzera Lindt può bloccare il riconoscimento del Giandujotto di Torino Igp

E’ guerra aperta tra Torino e la Lindt per il riconoscimento del Giandujotto di Torino Igp

Gabriele Farina

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TORINO – Il giandujotto è il cioccolatino tipico di Torino, forse il più tradizionale e riconoscibile. Quell’impasto di nocciola, zucchero e cacao dalla forma così particolare è riconoscibile in tutto il mondo. Una delle eccellenze torinesi insomma. Così, quando nel settembre 2022 la Giunta Regionale del Piemonte ha dato il via libera al prcesso di riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta (Igp)Giandujotto di Torino” la cosa è sembrata naturale a tutti e si attendeva solo la comunicazione dell’avvenuto riconoscimento.

Durante gli incontri di CioccolaTO 2023 si è però scoperto che la procedura è ferma e la colpa è della Lindt, società Svizzera.

Cosa prevede il Giandujotto di Torino Igp

Il riconoscimento del Giandujotto di Torino Igp prevede tre semplici ingredienti. Zucchero, Nocciola del Piemonte Igp tostata e massa di cacao. Null’altro. Proprio su questo null’altro si è creato lo scontro con la Svizzera ed è arrivato lo stop della Lindt.

Perchè la Lindt ha bloccato il riconoscimento del Giandujotto di Torino Igp

Ma perchè la Lindt ha bloccato il riconoscimento del Giandujotto di Torino Igp? Non è questione di territorio ma di ingredienti. Anzi, di uno specifico ingrediente: il latte. Mentre infatti i cioccolatieri torinesi (Guido Gobino, Guido Castagna, Giorgio e Bruna Peyrano), ma anche le aziende più grandi del territorio piemontese (Ferrero, Venchi, Domori, Pastiglie Leone) utilizzano la ricetta tradizionale e artigianale, la Lindt utilizza il processo industriale, che prevede l’utilizzo di latte.

Perchè la Lindt può bloccare il riconoscimento del Giandujotto di Torino Igp

Ma perchè la Lindt, azienda svizzera, può bloccare il riconoscimento del Giandujotto di Torino Igp? Qui andiamo a finire nella storia dell’industria del cioccolato torinese. Nel 1997 la Lindt ha infatti acquistato il marchio storico Caffarel e da allora ne detiene l’utilizzo. E, avrete capito, il giandujotto Caffarel viene realizzato col processo industriale che contiene latte.

Caffarel è l’inventore del giandujotto

Ma perchè la Caffarel / Lindt da sola può bloccare il processo di riconoscimento del giandujotto Igp? Qui arriviamo al cuore della vicenda. La Caffarel, secondo la tradizione, ha inventato il Giandujotto. Era il carnevale del 1865 e ancora oggi l’azienda produce un giandujotto “Gianduja 1865” per ricordare l’evento.
Sul sito della Caffarel c’è una pagina dedicata che ricorda come “il governo piemontese aveva ridotto l’importazione dei generi di lusso, tra cui il cacao. Perciò Paul Caffarel pensò di sostituirlo in parte con le nocciole, che il Piemonte produceva in grande quantità e grandissima qualità, oggi come allora. E così nel carnevale del 1865 a Torino, Caffarel inventa il primo Gianduiotto, chiamato così in onore di Gianduia, la maschera tradizionale piemontese“.
E’ evidente quindi che non potersi fregiare del marchio Igp sarebbe un problema.

I numeri del giandujotto in Piemonte

Non è ovviamente solo questione di prestigio, si tratta di una questione economica non di poco conto. Il segretario del comitato pre il riconoscimento del Giandujotto Igp, l’avvocato Antonio Borra, ha ricordato come “il volume d’affari della produzione del giandujotto sul territorio Piemonte sia di circa 200 milioni di euro l’anno“, aggiungendo che “Modica con il riconoscimento dell’Igp è passata da 350.000 a 5 milioni di tavolette l’anno”. Numeri da capogiro.

La risposta di Caffarel

C’è un aggiornamento sulla vicenda con un comunicato inviato dalla Lindt per conto di Caffarel.

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