Società
Storia degli orologi da polso dalle origini a oggi
Nel tempo, gli orologi sono diventati molto più che strumenti per leggere l’ora: sono stati testimoni di innovazioni radicali, protagonisti di momenti storici e, non meno importante, oggetti di desiderio

L’orologio da polso è uno di quegli oggetti che sembrano esistere da sempre, come se la storia dell’umanità fosse da subito scandita da secondi perfettamente misurati. In realtà, la sua evoluzione è tutto fuorché lineare: un intreccio di esigenze militari, rivoluzioni tecniche, scelte di design e mode che hanno trasformato un semplice strumento in un simbolo culturale capace di raccontare epoche, ambizioni e persino personalità.
Nel tempo, gli orologi sono diventati molto più che strumenti per leggere l’ora: sono stati testimoni di innovazioni radicali, protagonisti di momenti storici e, non meno importante, oggetti di desiderio. Ripercorrere la loro storia significa osservare da vicino il modo in cui tecnologia e società si influenzano a vicenda.
Le origini militari: quando serviva sapere l’ora senza usare le mani
L’idea dell’orologio da polso nasce per necessità, non per estetica. È nelle trincee della Prima guerra mondiale che la tasca diventa improvvisamente scomoda e il polso, fino ad allora considerato territorio prettamente femminile, diventa il luogo più pratico dove tenere il tempo. È in questo stesso contesto storico che marchi come Hamilton iniziano a definire la propria identità, producendo orologi pensati per l’affidabilità operativa e destinati a diventare riferimento nelle dotazioni militari del secolo successivo.
Gli ufficiali avevano bisogno di coordinare attacchi, sincronizzare manovre, leggere mappe. Il gesto di estrarre un orologio da tasca diventava un lusso che nessuno poteva permettersi. Nasce così il primo vero orologio da polso moderno: robusto, con protezioni per il vetro, numeri grandi, spesso con lancette luminescenti. La funzione prima dell’estetica.
L’affermazione civile: l’orologio diventa un simbolo
Terminata la guerra, l’orologio da polso varca i confini militari ed entra nella vita quotidiana. Negli anni Venti e Trenta il design evolve, diventando più sottile, più elegante, più adatto alla società moderna che si stava formando.
È un momento chiave: per la prima volta, l’orologio non è solo un oggetto tecnico, ma un accessorio identitario. Marchi storici iniziano a progettare modelli che uniscono ingegneria e senso estetico, anticipando quella dialettica tra funzionalità e stile che ancora oggi caratterizza il settore.
La grande rivoluzione: l’arrivo dei movimenti automatici
Gli anni Trenta e Quaranta portano con sé un’innovazione destinata a trasformare tutto: il movimento automatico. L’idea che il semplice movimento del polso possa ricaricare l’orologio era quasi poetica, e al tempo stesso incredibilmente pratica.
L’invenzione del rotore che ricarica la molla principale elimina la necessità della carica quotidiana. Improvvisamente, la meccanica sembra diventare “autonoma”. Gli automatici conquistano appassionati e professionisti, offrendo una nuova affidabilità e aprendo la strada a design più sportivi, pensati per chi vive in movimento.
Anni Settanta: la rivoluzione del quarzo
Se esiste un momento di rottura nella storia degli orologi da polso, è certamente la nascita del movimento al quarzo. Negli anni Settanta l’introduzione dell’oscillatore controllato al quarzo cambia per sempre il concetto stesso di tempo misurato.
Gli orologi al quarzo sono incredibilmente precisi, economici da produrre, resistenti e richiedono pochissima manutenzione. La tradizione meccanica, che aveva dominato per secoli, sembra improvvisamente obsoleta. Il cosiddetto “quartz crisis” mette in ginocchio molte maison storiche, incapaci di competere con la nuova tecnologia giapponese.
Per alcuni è il tramonto della meccanica. In realtà, sarà l’inizio della sua rinascita.
Il ritorno alla meccanica: nostalgia, cultura e alta manifattura
A partire dagli anni Novanta, l’orologeria meccanica ritrova la propria voce. Gli appassionati riscoprono il fascino del complicato, dell’artigianale, del movimento che respira come un organismo fatto di ingranaggi e molle. Gli orologi meccanici tornano ad essere simboli di maestria, oggetti in cui la tecnologia non è invisibile ma celebrata.
La meccanica non può competere con la precisione del quarzo, ma non ha bisogno di farlo. Diventa qualcosa di diverso: un rito, un linguaggio estetico, un ponte con una tradizione che rischiava di scomparire. È in questo periodo che nascono molte delle collezioni iconiche di oggi, reinterpretazioni moderne dei grandi classici del passato.
Fino ai giorni nostri: tra innovazione, heritage e tecnologia vestibile
L’orologio contemporaneo vive in un mondo dominato dagli smartphone, eppure resta un oggetto sorprendentemente attuale. I modelli di alta manifattura superano i confini della tecnica con materiali avanzati, complicazioni straordinarie e movimenti sempre più efficienti. Parallelamente, l’estetica guarda al passato, reinterpretando linee classiche con sensibilità moderna.
Il paradosso è affascinante: viviamo nell’epoca in cui un orologio da polso non è necessario, e proprio per questo è diventato più significativo. È un oggetto che si sceglie, non che si subisce. Un’affermazione di gusto, cultura tecnica, consapevolezza del proprio tempo – letteralmente e metaforicamente.
Anche il dialogo con il mondo degli smartwatch ha generato una nuova riflessione: il polso è tornato a essere territorio conteso, luogo di espressione personale e di ibridazioni tecnologiche. L’orologio tradizionale, però, mantiene una dignità e una presenza che la pura funzionalità digitale fatica a replicare.
L’orologio come specchio della nostra evoluzione
Raccontare la storia dell’orologio da polso significa osservare come le società cambiano il modo di vivere il tempo. Da strumento militare a oggetto di stile, da simbolo di modernità a rappresentante di una tradizione secolare, l’orologio ha sempre accompagnato l’evoluzione tecnologica e culturale, riflettendo desideri, paure e aspirazioni di ogni epoca.
E forse è proprio questo il suo segreto: non misura solo le ore, ma racconta chi siamo.
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