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La storia di Gelindo, il pastore monferrino che aiutò Giuseppe e Maria: una favola di Natale da riscoprire
C’è un personaggio nel Presepe che arriva direttamente dal Monferrato. si chiama Gelindo
ASTI – Gelindo è un personaggio della tradizione natalizia piemontese, protagonista di un testo popolare in lingua piemontese che unisce sacro e profano, devozione e umorismo. Le sue origini affondano — secondo molti studiosi — nel Monferrato, con versioni della storia che risalgono al XVII secolo.
Pur attestata ormai da secoli, la tradizione orale che circonda Gelindo sembra oggi riscattarsi grazie a comunità, compagnie teatrali e appassionati di cultura popolare che ne mantengono viva la memoria.
Chi è Gelindo: contadino e pastore dal carattere burbero ma dal cuore generoso
Nel racconto, Gelindo non è un eroe epico, ma un contadino — o pastore-contadino — semplice, schietto, un po’ brontolone, talvolta testardo.
Sullo sfondo del viaggio imposto dal censimento dell’imperatore Ottaviano Augusto, Gelindo lascia la sua casa in Monferrato, mettendosi in cammino con… un agnello legato sul petto, quattro zampe avvolte; animale che diventerà simbolo di umiltà e povertà, in perfetta sintonia con il mondo rurale dell’epoca.
Il carattere del pastore — concreto, schietto — rivela con ironia una visione “contadina” del divino: Gelindo, nel suo modo semplice e genuino, rappresenta bene lo spirito delle campagne piemontesi, quel miscuglio di semplicità, buon senso, storie e proverbi.
La storia: da Monferrato a Betlemme — l’incontro con la Sacra Famiglia
Secondo la narrazione tradizionale, Gelindo giunge a Betlemme spinto dal censimento che obbliga ogni famiglia a registrarsi.
È lui che, incontrando Giuseppe e Maria in cerca di un riparo per la notte — stremati e senza fissa dimora — offre loro la sua stalla come alloggio. In quella semplice “crutin” (grotta/stalla), con un bue (e l’asinello di Giuseppe), avviene la nascita del Bambin Gesù. Gelindo diventa così, nella leggenda, il primo uomo ad arrivare davanti alla Grotta e a rendere omaggio al neonato.
Nel racconto convivono toni religiosi e contadini: Maria e Giuseppe sono trattati senza soggezione reverenziale, con lo stesso calore e spontaneità che si riserverebbero a una coppia di contadini di quei luoghi.
Questa fusione di sacro e quotidiano è parte del fascino della storia di Gelindo: la meraviglia del Natale vista con gli occhi semplici e autentici delle campagne piemontesi.
Tradizione orale, dialetto e proverbio: Gelindo nelle parole del popolo
La vicenda di Gelindo è stata tramandata oralmente per secoli, spesso in dialetto, diventando parte integrante della memoria collettiva rurale.
Il testo teatrale noto come Divòta Cumedia (o “Devota Commedia”) è una forma consolidata della tradizione: mescola momenti di commedia con passaggi sacri, tra canti, scene contadine e la recitazione in lingua piemontese.
Un aspetto curioso e molto popolare: da un tratto del personaggio — la sua proverbiale indecisione, il partire e poi tornare perché ha «dimenticato qualcosa» o vuole raccomandare ancora la moglie — deriva il modo di dire piemontese “Gelindo ritorna”, usato per indicare chi tenta un’azione ma continua a tornare sui suoi passi senza concluderla.
Così Gelindo — oltre a essere una figura natalizia — diventa parte del linguaggio popolare, un ponte tra cultura materiali, memoria e parlata delle generazioni.
Dalla tradizione contadina al teatro — e la rinascita della memoria
Per lunghi secoli la storia di Gelindo fu narrata nelle campagne, nelle stalle, nelle veglie contadine, nelle parrocchie, nei presepi viventi.
Con l’avvento del consumismo e del “Natale moderno”, la tradizione rischiò di sbiadire. Eppure la storia di Gelindo non è sparita. In una forma rivisitata, spesso grazie a compagnie teatrali dilettantistiche e gruppi locali, la “Divòta Cumedia” continua a essere rappresentata ogni anno in molte località del Piemonte: chiese, teatri, piazze, case parrocchiali.
Un esempio significativo è Compagnia del Gelindo di Alessandria — che dal 1924, con interruzioni e adattamenti, porta in scena la storia ogni Natale, spesso in dialetto, coinvolgendo attori dilettanti e devolvendo i proventi a iniziative benefiche.
Questo sforzo di “risveglio” culturale testimonia l’importanza di non perdere una tradizione che non è solo folklore, ma memoria di un mondo agricolo, di valori semplici, di fede vissuta con autenticità.
Perché oggi (ri)scoprire Gelindo
Un legame con la terra e le tradizioni piemontesi. Gelindo rappresenta il mondo rurale del Monferrato, che per secoli ha vissuto un Natale semplice, genuino, radicato nella comunità e nella natura.
- Una via diversa al Natale consumistico. La sua storia offre un’alternativa culturale e spirituale, lontana dalle logiche del mercato, centrata su umanità, solidarietà, condivisione.
- Una memoria da rivitalizzare. Con il declino delle tradizioni orali, la figura di Gelindo rischia di essere dimenticata: riproporla significa salvare parte dell’identità collettiva piemontese.
- Un’occasione di partecipazione comunitaria. Le rappresentazioni teatrali coinvolgono volontari, famiglie, nuove generazioni: partecipare o assistere significa diventare custodi di una narrazione antica.
Conclusione: Gelindo oggi, tra nostalgia, memoria e riscoperta
La storia di Gelindo è un filo che unisce secoli, generazioni, campagne monferrine e città piemontesi. È un Natale che profuma di paglia, di legna, di animali e di umanità; è un presepe parallelo a quello “ufficiale”, raccontato con dialetto, santi catastinchi e il calore della gente.
Riscoprire Gelindo — e magari rappresentarlo, ascoltarlo, raccontarlo — significa ridare voce a un Natale autentico: fatto di semplicità, di accoglienza, di solidarietà. Significa non lasciare che una parte della cultura popolare vada perduta, ma farla rivivere, con la stessa innocenza, lo stesso amore e la stessa speranza con cui, tanto tempo fa, un contadino monferrino prese per mano Giuseppe e Maria e li accompagnò — con un agnello al petto — fino alla grotta dove nacque il Bambin Gesù.
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