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CronacaTorino

La Procura Generale della Cassazione contro l’assoluzione di Alex Cotoia: la scena del crimine non mostra segni di colluttazione

Cassazione riesamina il caso Alex Cotoia: emergono nuovi dubbi sull’omicidio del padre Giuseppe Pompa. Inchiesta ancora aperta

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TORINO – Nuovi risvolti sul caso del giovane Alex Cotoia, ai tempi del delitto 18enne Alex Pomba. La Procura Generale della Cassazione rivede il fascicolo fotografico dell’indagine facendo ricorso alla sentenza di assoluzione nel secondo processo della Corte d’Assise d’Appello di Torino per legittima difesa, come era avvenuto anche in primo grado, ma come non era avvenuto nel primo processo d’Appello, quando Alex fu condannato a 6 anni e 2 mesi e 2 giorni.

Tanti i punti non chiari sull’uccisione di Giuseppe Pomba, 52enne di Collegno, che la sera del 30 aprile 2020 è morto dopo aver ricevuto 34 coltellate. Già in precedenza la Corte aveva messo in dubbio le parole delle altre due persone in casa, la madre e il fratello Loris, al tempo 21enne, che secondo la procura avrebbe avuto un ruolo nell’omicidio.

I fatti: l’omicidio a Collegno

Giovedì 30 aprile 2020, intorno alle 23, al sesto piano del palazzo in via Edmondo De Amicis 47, a Collegno, Alex Pompa – all’epoca 18enne – uccide con 34 coltellate il padre Giuseppe Pompa, un operaio di 52 anni incensurato. L’omicidio arriva al culmine di una lite, una reazione all’ennesima aggressione da parte dell’uomo nei confronti della moglie, Maria Cotoia.

“Ho agito per difenderci. Per difendere me, mia madre e mio fratello. Mio padre stava andando in cucina a prendere un coltello e io l’ho anticipato” – queste le dichiarazioni fornite ai giudici e ai carabinieri quando il giovane, difeso dall’avvocato Claudio Strata, si è costituito. Al momento dell’omicidio, in casa erano presenti sia la moglie che l’altro figlio maggiorenne, Loris, di 21 anni.

Secondo la tesi dell’accusa Alex ha agito in anticipo prendendo il coltello e colpendo il padre disarmato alla schiena e poi per altre 33 volte fino a ucciderlo. Per questo erano stati chiesti 14 anni di reclusione dal pm Alessandro Aghemo nel primo processo d’Appello.

All’esame del fascicolo fotografico si nota che nelle stanze in cui è avvenuta la colluttazione molti oggetti fragili non sono caduti e non si sono rotti, inoltre sulle braccia del fratello Loris sono presenti graffi ed escoriazioni che fanno pensare che abbia partecipato al delitto non solo come mero spettatore. Di segni di difesa c’è solo un taglietto sul braccio del padre Giuseppe, mentre Alex non presenta ferite.

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