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CronacaNovara

Condannato l’allevatore che teneva in condizioni pessime 174 animali a Suno

I Carabinieri Forestali sequestrarono 174 animali: 101 bovini, 60 cavalli, 7 asini e 6 muli.

Gabriele Farina

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SUNO – Con una condanna a un anno e due mesi di reclusione (pena sospesa) e l’obbligo di risarcire le parti civili, si chiude in primo grado la vicenda dell’“Inferno alle porte di casa”, il drammatico caso di maltrattamenti animali scoperto a Suno nell’estate 2022. Un caso che ha visto Rifugio Miletta impegnato fin dal primo giorno nel soccorso degli animali e nella battaglia legale per ottenere giustizia.

Era tra giugno e luglio di due anni fa quando i volontari dell’associazione, allertati da una segnalazione, intervennero in un allevamento di bovini ed equini detenuti in condizioni disperate: animali scheletrici, privi di acqua, cibo e riparo, esposti per giorni alle temperature record di quell’estate. Alcuni puledri di pochi mesi agonizzavano, vitelli debilitati non riuscivano più a reggersi in piedi. “Gli animali morivano nell’indifferenza”, denunciò allora l’associazione, “perché considerati soltanto carne da macello”.

Sedici animali furono soccorsi immediatamente, ma cinque morirono durante i ricoveri. Nonostante ciò, molti capi vennero trasferiti in un alpeggio biellese, dove continuarono a morire: alcuni subito, altri nei mesi successivi, trovati senza vita da escursionisti di passaggio.

Una vicenda giudiziaria complessa

La denuncia di Rifugio Miletta diede il via all’intervento delle Procure di Novara e Biella. Il 18 agosto 2022 i Carabinieri Forestali sequestrarono 174 animali: 101 bovini, 60 cavalli, 7 asini e 6 muli. Ma poco più di un mese dopo, il 21 settembre, un cavillo procedurale portò al dissequestro: gli animali tornarono all’allevatore, già indagato.

Una decisione accolta con sgomento dai volontari, che nel frattempo avevano richiesto la custodia giudiziaria gratuita di 44 animali insieme a Horse Angels Onlus. Eppure non si arresero: nei giorni successivi tornarono all’alpeggio, trovando ancora animali in condizioni gravissime.

“Da subito non ci siamo limitate a denunciare”, ricorda la fondatrice e presidentessa di Rifugio Miletta, Alessandra Motta. “Siamo intervenute in prima persona, salvando tantissime vite”.

Nel 2023, molti degli animali sopravvissuti vennero venduti per la macellazione; due cavalle non destinate al consumo alimentare furono recuperate in condizioni critiche. Intanto proseguiva l’iter giudiziario: il Pubblico Ministero chiese 15 mesi di reclusione. Oggi, la sentenza di primo grado chiude almeno la fase iniziale del processo.

Le vite dietro ai numeri

Oltre alla condanna, restano soprattutto le storie individuali di chi è sopravvissuto. Come la cavalla che arrivò in clinica ridotta a un “mucchietto di ossa”, con un body condition score di 1 su 9: dopo una lunga riabilitazione oggi è Irene, una cavalla maestosa e piena di vita, scelta per la copertina del calendario 2026 di Rifugio Miletta.

Ma rimangono anche i ricordi dolorosi. Il puledrino con un’ernia, operato troppo tardi. Ulisse, il vitellino con una grave infezione polmonare, morto nonostante il ricovero all’Ospedale Veterinario Universitario di Lodi. In tutto, nove animali – tre bovini, cinque equini e un cane – hanno trovato casa definitiva a Rifugio Miletta, mentre decine sono stati adottati grazie al lavoro dell’associazione.

“Ho visto l’inferno”

“Con i miei occhi ho visto l’inferno nell’allevamento”, dichiara l’avvocata Antonella Lobino, che ha seguito Rifugio Miletta fin dall’inizio. “Giustizia è stata fatta, anche se un intervento più tempestivo avrebbe potuto evitare parte del danno”.

Il ricordo più duro resta quello di Alessandra Motta: “Non potrò mai scordare lo sguardo di una madre che cercava di consolare il suo puledro a terra con un femore spezzato, leccandogli il muso. In quel momento compresi che le denunce da sole non sarebbero bastate. Dovevamo fare tutto il possibile per salvarne quanti più fosse possibile”.

Una sentenza che lascia aperte molte domande

La conclusione del processo rappresenta un passo importante, ma mette anche in luce la fragilità delle tutele per gli animali “da reddito” e le difficoltà di intervento perfino in situazioni estreme. Resta però la determinazione di chi non ha voltato lo sguardo altrove.

“Questa sentenza è un segnale”, conclude Rifugio Miletta. “Ma la strada per una reale protezione degli animali è ancora lunga”.

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