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CronacaTorino

Nella maxi-inchiesta sui finanziamenti ad Hamas, spunta il nome dell’imam Shahin: non è indagato ma ha parlato dei fondi con gli arrestati

Dagli atti emergerebbero telefonate compromettenti, come quella con El Shobky, ritenuto il referente per la raccolta del denaro in Piemonte

Marco Lovisolo

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TORINO – C’è anche il nome di Mohamed Shahin, l‘imam di Torino destinato all’espulsione e poi rilasciato, negli atti dell’inchiesta sui finanziamenti ad Hamas. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo, ha portato a nove misure cautelari, eseguite dalla Digos di Genova: sono stati scoperti sette milioni di euro di finanziamenti ad Hamas attraverso associazioni di beneficenza.

Come riporta l’edizione locale di La Repubblica, Shahin, che non risulta indagato in questa inchiesta, parla però con gli arrestati, viene chiamato in causa e sposta denaro con l’uomo accusato di raccogliere fondi a Torino per farli arrivare a Gaza. Negli atti non emergono contatti tra Shahin e il principale accusato, Mohammed Hannoun, presidente dell’associazione Palestinesi in Italia. Tra gli indagati non arrestati, a Torino c’è Mahmoud El Shobky, di 56 anni, secondo gli inquirenti referente dell’associazione per la raccolta del denaro in Piemonte, nell’area della costa adriatica, in Sicilia e in Sardegna.

In una telefonata del 26 luglio 2025 Yaser Elasaly, uno degli arrestati, dice al telefono a Shahin: «Tanto El Shobky non sa niente, sa che prendiamo la “amana” (cioè i soldi) e la consegniamo agli sfollati e ai bisognosi». In una conversazione del 6 febbraio 2024, Dawoud Ra’Ed Hussny, noto come Abu Falastine, anche lui arrestato, racconta a Sahin della “cupola d’oro” e parla dell’appuntamento per aprire un conto corrente dedicato alla nuova associazione, ritenuta il tramite per raccogliere i fondi da destinare ad Hamas (insieme all’Associazione benefica di solidarietà con il Popolo palestinese). Infine, riporta La Repubblica che negli atti si evidenza come il 14 ottobre 2024 Shahin ed El Shobky abbiano viaggiato insieme per raggiungere Yaser Elasaly e ritirare una somma in contanti. In altre due conversazioni del 21 e 29 ottobre, si parla dell’invio di denaro attraverso le moglie di due connazionali dell’egiziano Elasaly, che in una telefonata con Falastine nomina di nuovo Shahin, parlando di quanto denaro sia stato trasferito effettivamente a Gaza.

La destra chiede di tenere alta l’attenzione

Il possibile coinvolgimento dell’imam di Torino nell’inchiesta ha generato le prime reazioni politiche. Tra le prime a esprimersi, Augusta Montaruli, vicecapogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, che ha chiesto l’espulsione di Shahin annunciando la presentazione di un esposto in procura: «Le motivazioni dell’ordinanza della Corte d’appello con cui l’imam è tornato in libertà già presentavano lacune, non avendo profili di novità, e risultando totalmente carenti circa le aderenze con la fratellanza mussulmana: ora sono totalmente superate alla luce di ulteriori elementi. L’intercettazione nell’ambito dell’inchiesta di Genova che vede coinvolto, anche se non indagato, l’imam della moschea di via Saluzzo getta infatti ombre inquietanti che rafforzano le motivazioni dell’espulsione, da chiarire anche sul profilo penale, e danno contezza dei rapporti del soggetto apprezzabili alla luce di elementi di pericolosità per la nostra sicurezza nazionale». Montaruli chiede anche all’autorità giudiziaria di verificare «in maniera più approfondita i contatti con tutti i soggetti indagati ed in particolare con Hannoun, principale soggetto sottoposto alla misura cautelare per la rete di finanziamenti ed il sostegno ad Hamas. Ciò che è certo è che a seguito di questa inchiesta chi invocava attività di beneficienza a sostegno della liberazione di Shahin non potrà più farlo ed anzi deve delle spiegazioni: ora vogliamo i nomi di coloro che hanno effettuato i bonifici alle associazioni coinvolte nell’ambito dell’inchiesta di Genova nonché un chiarimento del ruolo della moschea guidata dal sedicente Imam Shahin nella rete di finanziamenti che partivano dall’Italia».

Il senatore Roberto Rosso, vicesegretario di Forza Italia in Piemonte, e Marco Fontana, segretario della sezione torinese di Forza Italia, chiedono al sindaco di Torino Lo Russo «di rompere ogni ambiguità e di assumere una distanza politica netta da AVS. Non è più tollerabile che continui a far finta di nulla di fronte a una maggioranza infarcita di esponenti che intrattengono rapporti, sostegni o vicinanze con soggetti attenzionati dalle Procure per vicende legate alla radicalizzazione. I cittadini non possono essere chiamati a pagare il prezzo di equilibri politici costruiti sull’ideologia e sulla rimozione dei fatti».
«Ribadiamo inoltre che» – aggiungono – «alla luce di questi ultimi elementi emersi, la decisione della Corte d’Appello di Torino di rimettere in libertà una persona che ha definito l’attacco terroristico del 7 ottobre un “gesto di resistenza”, impone oggi una rivalutazione e un livello di attenzione massimo. Su questioni di questa gravità deve esserci una sola linea possibile: fermezza assoluta e tolleranza zero».

 

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