Lavoro
Referendum 8-9 Giugno: la scelta è tra il mare, Peppa Pig e i diritti sul lavoro
Nel silenzio della politica e l’apatia dell’elettorato, il lavoro muore. Letteralmente.

TORINO – Sono innumerevoli le parti politiche che hanno invitato (più o meno esplicitamente) di passare il weekend al mare al posto di votare per i referendum dell’8 e il 9 Giugno.
Che poi il 9 giugno sia un lunedì e che la gente normale il lunedì lavori, è un’altra questione. Ma del resto, sappiamo che il lavoro per molta della gente al governo è una questione del tutto tangenziale.
E infatti, di questo referendum sui diritti dei lavoratori ai partiti di Palazzo Chigi non importa granché. Non è che siano contro, sia chiaro: nel merito dei quesiti nessuno si è espresso, non ci sono stati dibattiti, nessuno sa effettivamente che cosa pensi la compagnia di Meloni sul tema del lavoro.
Un po’ perché le poche volte che Meloni rilascia interviste il giornalista medio le chiede se pesta le formiche, un po’ perché effettivamente i diritti dei lavoratori sono noiosi. Perché parlare di articolo 18, di licenziamenti illeciti e di subappalti pirata, quando possiamo montare una bella polemica sulle mamme lesbiche nel nuovo episodio di Peppa Pig?
E infatti, da La Russa a Salvini, nessuno si è speso molto nel confutare perché questi benedetti quesiti referendari debbano essere respinti: semplicemente s’è detto di non andare a votare. Facile, semplice, veloce.
Ma se per chi legge La Gazzetta dello Sport mentre presiede una seduta parlamentare e per chi gira le sagre della porchetta con l’aereo di stato non stupisce che il lavoro sia una questione su cui non investire il minimo spazio mentale, lascia spiazzati vedere come anche all’elettorato medio (quello che lavora, per intenderci) di questo referendum non freghi molto.
Ma ciò che viene spontaneo chiedersi è: si tratta di un lusso che possiamo permetterci? Che a La Russa dell’articolo 18 freghi poco possiamo anche comprenderlo, ma a noialtri?
Solo in Piemonte, nel 2024 si sono registrati 67 morti sul lavoro. Una media di 6 al mese. Vale a dire che per un milione di lavoratori, quasi tredici persone ci lasciano le penne.
Possiamo dire che è una questione di cui non dobbiamo preoccuparci?
Sia chiaro, questo non è un pezzo sul votare cinque si, o quattro si e un no, o tre si e due no e così via. Si tratta di enfatizzare l’importanza del tema, a prescindere da come la si pensi.
Astenersi sui temi del lavoro significherebbe asserire, come popolo Italiano, che i diritti dei lavoratori non sono un qualcosa di cui questo governo dovrebbe occuparsi. Varrebbe a dire che la gente comune abbia lo stesso livello di preoccupazione per la propria stabilità lavorativa che hanno La Russa e Salvini. Significherebbe affermare che anche noi stiamo come loro.
Ma i 67 morti dell’anno scorso (che con tutta probabilità saranno di più quest’anno) erano sereni come un politico? La loro posizione lavorativa era stabile, sicura e ben pagata?
Evidentemente, astenerci da questo referendum non è un lusso che ci possiamo permettere. Soprattutto noi Piemontesi, che abbiamo aziende che chiudono, settori in profonda crisi, e un gran numero di lavoratori proprio in quei settori dove la mortalità è più alta.
Che segnale vogliamo dare, con questo referendum? Molti si astengono perché lo propone la CGIL, e quindi vogliono farlo fallire perché così Landini ci rimane male, o qualcosa del genere. Tuttavia, ci sono tutte le ragioni per credere che da questo referendum, comunque vada, Landini ne esca illeso, lavorativamente parlando. Noi invece?
Davvero l’elettorato vuole dire ad alta voce che del lavoro, come tema in generale, non ce ne frega niente? La stessa Italia delle lotte davanti alle fabbriche, di Berlinguer, della GKN di Firenze e dell’ILVA di Taranto?
Davvero possiamo rimanere indifferenti su una Mirafiori che scompare, una produzione industriale in decrescita e stipendi fermi da trent’anni?
La questione è semplice: del lavoro deve importarcene. Che poi uno valuti, nel suo intimo, che questi quesiti siano sbagliati e che non risolvano il problema, è sacrosanto. Ha quindi tutto il diritto di mettere cinque croci sul “No” e dire alla politica e ai sindacati di trovare altre soluzioni.
Ma se non si andrà a votare, invece, si dirà alla politica a gran voce che a noi, di ‘sti diritti dei lavoratori, non ce ne frega nulla. E poi non ci sarà da stupirsi se nessuno proporrà di alzare i salari, se nessuno proverà a firmare contratti con più tutele, e se in parlamento si parlerà sempre e solo delle mamme lesbiche di Peppa Pig.
E tu, andrai a votare? Faccelo sapere votando al nostro sondaggio
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Ardmando
2 Giugno 2025 at 8:06
Fate quello che volete ma NON andate a votare. Partecipare a prescindere dal voto, significa permettere a gentaglia come CGIL, Magistratura Democratica (le toghe comuniste), PD e altro schifo di mettersi in tasca i 2.5 milioni di euro di rimborso in caso di raggiungimento del quorum. Boicottare il referendum è un dovere morale e civile.