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TORINO – Dopo la prima azione avvenuta nella notte tra il 6 e il 7 dicembre, anche ieri sera a Torino sono state affisse nuove catene e cartelli su alcune statue cittadine da parte di attivisti del gruppo Ultima Generazione. Inizialmente era stata colpita la statua di Carlo di Robilant, alla quale era stato legato un cartello con la scritta “Deportato Mohamed Shahin libero”.

Nella seconda notte di protesta, le installazioni hanno riguardato tre opere: la statua “Eco” di Marc Didou davanti a Palazzo Nuovo, quella di Santa Barbara all’interno dell’Arco monumentale all’Arma di Artiglieria e la statua di San Giuseppe Cafasso, che raffigura il santo mentre accompagna un condannato a morte. La scelta, secondo gli attivisti, è legata anche al valore simbolico della figura di Cafasso, considerato patrono dei carcerati.

Su tutte le statue era presente lo stesso cartello, in riferimento al caso di Mohamed Shahin. Nel frattempo, la petizione online per chiederne il ritorno si avvicina alle 20 mila firme.

Il gruppo Ultima Generazione contesta il provvedimento di espulsione nei confronti di Shahin, che viene ritenuto un precedente significativo sul piano dei diritti civili. Gli attivisti collegano la sua vicenda al più ampio contesto delle proteste politiche degli ultimi mesi e alle politiche in materia di sicurezza e immigrazione.

Le azioni sulle statue, spiegano dal movimento, non sarebbero destinate a concludersi dopo questi primi due episodi. L’obiettivo dichiarato resta quello di mantenere alta l’attenzione pubblica sulla vicenda, attraverso iniziative simboliche nei luoghi cittadini.

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